Corso di scrittura in Biblioteca

>> domenica 1 maggio 2011

Nei prossimi giorni, assieme ad un piccolo gruppo di agguerriti lettori di Castiglione delle Stiviere, inizierò un corso sulla scrittura. Ci incontreremo in biblioteca e sperimenteremo una formazione autogestita dove ognuno di noi porterà dei contributi per stimolare la discussione e condividerà con gli altri i componimenti che di volta in volta scaturiranno dagli esercizi che ci daremo. Sono convinto che questo progetto consentirà a noi tutti di apprezzare ancora di più quello che leggiamo.
I contributi che ho deciso di portare li prenderò dal corso "Io Scrivo" che il Corriere della Sera ha dedicato alla scrittura e cercherò di privilegiare quelle informazioni e quei suggerimenti che ci renderanno consci dei meccanismi che i grandi scrittori usano per rendere memorabili le loro opere.
Allegato al primo numero di "Io Scrivo" vi è un dvd che riporta un'intervista a Roberto Saviano (è possibile vedere l'intervista integrale qui). Completerò qui di seguito i concetti espressi da Saviano con considerazioni ed esempi tratti da Gomorra.

Saviano ritiene che la forma di dialogo più attuale è quella che si ricava dalle intercettazioni telefoniche di politici, faccendieri, deliquenti e questo perchè la cassa di risonanza dei mass media ne ha fatto il "dialogato della narrativa contemporanea". Per la trascrizione delle intercettazioni, lo scrittore ha preso come maestro Truman Capote e il suo dialogo sincopato usato nel capolavoro A sangue freddo. Qui di seguito un esempio:

In guerra non è possibile più avere rapporti d'amore, legami, relazioni, tutto può divenire elemento di debolezza. Il terremoto emozionale che avviene negli affiliati ragazzini è registrato nelle intercettazioni fatte dai carabinieri, come quella tra Francesco Venosa e Anna, la sua ragazza, trascritta nel decreto di fermo emesso dalla Procura Antimafia di Napoli nel febbraio 2006. È l'ultima telefonata prima di cambiare numero, Francesco fugge nel Lazio, avverte suo fratello Giovanni con un SMS di non osare scendere per strada, è sotto tiro: "Ciao fratello t.v.t.b. ti racc non scendere per nessun motivo. Ok?" Francesco deve spiegare alla sua ragazza che deve andare via, e che la vita di uomo di Sistema è complicata: «Io ormai ho diciotto anni... non si scherza... questi ti buttano... ti ammazzano, Anna!» Anna però è ostinata, vorrebbe fare il concorso per diventare maresciallo dei carabinieri, cambiare la sua vita e farla cambiare a Francesco. Al ragazzo non dispiace affatto che Anna voglia entrare nei carabinieri, ma si sente ormai troppo vecchio per mutare vita:
Francesco: «Te l'ho detto, mi fa piacere per te... Però la mia vita è un'altra... E io non la cambio la mia vita».
Anna: «Ah, bravo, mi fa piacere... Continua sempre così, hai capito?». Francesco: «Anna, Anna... non fare così...». Anna: «Ma tu tieni diciotto anni, puoi cambiare benissimo... Ma perché stai già rassegnato? Non lo so...». Francesco: «Non la cambio la mia vita, per nessun motivo al mondo». Anna: «Ah, perché tu stai bene così». Francesco: «No, Anna, io non sto bene così, ma per il momento abbiamo subìto... e dobbiamo recuperare il rispetto perso... La gente quando camminiamo nel rione non aveva il coraggio di guardarci in faccia... adesso alzano tutti la testa». Per Francesco, che è uno Spagnolo, l'oltraggio più grave è che nessuno più si sente in soggezione dinanzi al loro potere. Hanno subìto troppi morti e così nel suo rione tutti lo vedono come afferente a un gruppo di killer cialtroni, camorristi falliti. Questo è intollerabile, bisogna reagire anche a costo della vita. La fidanzata cerca di frenarlo, di non farlo sentire già un condannato: Anna: «Non ti devi mettere nel bordello, cioè tu puoi benissimo vivere...».Francesco: «No, non la voglio cambiare la vita mia...».
Il giovanissimo scissionista è terrorizzato dal fatto che i Di Lauro possano prendersela con lei, ma la rassicura dicendo che lui aveva molte ragazze, quindi nessuno può associare Anna con lui. Poi le confessa, da adolescente romantico, che lei ora è l'unica. «... A finale io tenevo trenta donne nel rione... ora però dentro là mi sento solo con te...» Anna sembra tralasciare ogni paura di ritorsione, come una ragazzina qual è, pensa solo all'ultima frase che Francesco ha pronunciato: Anna: «Ci vorrei credere».

La caratteristica di Gomorra è la mescolanza di fatti visti con gli occhi dello scrittore e la narrazione di vicende cui lo stesso autore non può aver assistito. Non è un meccanismo nuovo ma mi sembra importante che l'autore lo abbia usato con l'obiettivo di rendere il lettore partecipe delle vicende. Ad un certo punto Saviano si dichiara totalmente in linea con il vedere il libro di Primo Levi Se questo è un uomo non come un grande documento storico ma come un grande romanzo perchè la differenza è che il documento ti informa mentre il romanzo ti rende partecipe della storia, ti fa stare lì. Saviano tecnicamente ha cercato di fare la stessa operazione usando i seguenti espedienti:
  • lo sguardo non è quello del reporter che è tenuto a trasferire quanto è successo nel modo più fedele possibile ma quello dello scrittore che si può soffermare su dettagli secondari e con questi allargare contesti e sensazioni (es. "pasta e patate")
  • il linguaggio usato per descrivere le situazioni macabre è asciutto, freddo, fisiologico quasi da referto clinico e ciò rende il tutto più credibile
  • la narrazione è in italiano ma la frase è spesso costruita in maniera diversa o con termini tipici del territorio (es. "acchiappamorti")
Ecco un esempio esplicativo: 

Per seguire la faida ero riuscito a procurarmi una radio capace di sintonizzarsi sulle frequenze della polizia. Arrivavo così con la mia Vespa più o meno in sincrono con le volanti. Ma quella sera mi ero addormentato. Il vociare gracchiante e cadenzato delle centrali per me era divenuto una sorta di melodia cullante. Così quella volta fu una telefonata in piena notte che mi avvertì dell'accaduto. Arrivato sul luogo, trovai una macchina completamente bruciata. L'avevano cosparsa di benzina. Litri di benzina, Ovunque. Benzina sui sedili anteriori, benzina su quelli posteriori, benzina sulle gomme, sul volante. Le fiamme erano già consumate, i vetri esplosi, quando sono arrivati i pompieri. Non so bene perché mi sono precipitato davanti a quella carcassa  d'auto. C'era un puzzo terribile, di plastica bruciata. Poche persone d'intorno, un vigile urbano con una torcia guarda dentro le lamiere. C'è un corpo, o qualcosa che gli somiglia. I pompieri aprono le portiere prendendo il cadavere, hanno una smorfia di disgusto. Un carabiniere si sente male, appoggiandosi al muro vomita la pasta e patate mangiata poche ore prima. Il corpo era solo un tronco irrigidito, tutto nero, il volto solo un teschio annerito, le gambe scuoiate dalle fiamme. Presero il corpo per le braccia e lo posarono a terra aspettando la macchina mortuaria. Il furgoncino acchiappamorti gira continuamente, lo si vede da Scampia
a Torre Annunziata. Raccoglie, accumula, preleva cadaveri di gente morta sparata. La Campania è il territorio con più morti ammazzati d'Italia, tra i primi posti al mondo. Le gomme della macchina mortuaria sono liscissime, basterebbe fotografare i cerchioni mangiucchiati e il grigiore dell'interno dei pneumatici per avere l'immagine simbolo di questa terra.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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