Il mio primo racconto breve

>> martedì 10 maggio 2011

Ieri nella Biblioteca di Castiglione delle Stiviere è partito il corso di scrittura autogestito dal Gruppo Lettori. Come primo esercizio ognuno di noi aveva il compito di scrivere un racconto breve che terminasse con due finali distinti. Abbiamo letto i racconti uno dopo l'altro e condiviso le impressioni a caldo degli ascoltatori e i suggerimenti per migliorare. La scambio ha funzionato e continueremo con una formula simile anche nel prossimo incontro di fine Maggio.
Questo il mio contributo:


L'ultimo istante

Appena aprì la porta lo sparo partì all'improvviso e lo colse in pieno volto. Michele sentì il calore bruciante di una fiammata ravvicinata e una pressione devastante in mezzo alla fronte. Il capo reclinò di scatto indietro e i suo occhi seguirono l'arco che sale su fino al soffitto e poi scende al pavimento. Sentì la mattonella fredda sulla guancia e Miranda che urlava "Papaaaa"!!! Aveva fatto in tempo a riconoscere Giovanni, il suo migliore amico e il suo giustiziere. Aveva ricevuto la sua telefonata un'ora fa: gli aveva chiesto se poteva passare da casa perchè aveva cose importanti da dirgli. Era un mese che viveva recluso nell'appartamento, dopo la sua deposizione al processo. La moglie lo aveva abbandonato e non aveva avuto neanche la decenza di portarsi dietro la loro bambina. In quell'ultimo istante ricordò una calda giornata d'estate di qualche anno prima, quando dietro l'altalena spingeva la piccola che aveva tre anni. Erano al parco, il sole era alto ma non cocente. L'aria profumava di pino. Miranda rideva ogni volta che le metteva le mani sulle spalle e cercava di mandarla più in alto possibile. La testolina riccioluta si piegava indietro e le gambette scattavano in avanti mostrando i piedini nelle scarpe di stoffa blu con le calze orlate di bianco. Forse in quel momento era stato felice. Peccato rendersene conto solo adesso. Sentì un'ombra che si chinava su di lui, un'ultima pressione sulla spalla e la notte che scendeva sempre più scura.

Secondo finale - continua ...

La pressione sulla spalla divenne più insistente. "Papà, papà sveglia"! Era Miranda. Aprì gli occhi e si rese conto che si era addormentato sul divano. Caspita, era stato un sogno, un incubo. Erano giorni ormai che dormiva solo poche ore. Era crollato dalla stanchezza dopo aver messo giù il telefono. Aveva parlato con Giovanni. "Papà, hanno suonato alla porta" disse Miranda.

Qui di seguito il contributo di Enrica Remelli:

Tre parole


Ricordo perfettamente quella notte,  quei tre secondi: un soffio lungo il tempo di dire tre parole e sentirsele rimbombare nella testa.
Nel dormiveglia che da qualche tempo era il mio sonno, lo sentii rientrare; era tardi:  da qualche mese c’erano  riunioni che terminavano solo a notte inoltrata, alla sua associazione.
Vent’anni fa non avrei avuto dubbi: il mattino dopo, davanti alle nostre tazze tedesche, ricordo della bellissima vacanza dell’anno prima,  sarei stata informata per filo e per segno di quanto detto, mi avrebbe spiegato quanto deciso, infervorandosi nel racconto, appassionato com’era quando l’avevo conosciuto.
Ultimamente, invece, quelle riunioni non avevano seguito, almeno per me… L’indomani mattina saremmo usciti  di casa separatamente, bevendo il caffè nella tazza tedesca ma ognuno per proprio conto.

Finale 1
Avrei potuto immaginare che la mia vita felice e i miei ricordi bellissimi erano solo forzatamente miei e che  mi stavo imponendo di evocarli per farli vivere in eterno.
Tutti i miei patetici sforzi finirono nel soffio di quei tre secondi, il tempo di sentirmi rimbombare nella testa tre brevissime parole:      ” Vorrei essere altrove”.
Non riuscii a dire niente, non so se mi riaddormentai: ricordo solo di averlo sentito uscire  prestissimo la mattina dopo e di averlo bevuto da sola e, per quanto lo riguardava, per sempre, il mio caffè.

Finale 2
Stavo risciacquando la tazza, ero già pronta per uscire ma fuori era ancora buio: mancava ancora molto tempo. Come di solito mi ero svegliata alle quattro, ormai  non sopportavo più l’angoscia dei pensieri che subito arrivavano, così mi alzavo e lavoravo, a volte riuscivo perfino a pulire i vetri al buio e preparavo con la massima cura la colazione: era il solo modo di sopravvivere a quelle ore prima dell’alba.
All’improvviso mi accorsi di non essere sola, mi girai e lo vidi lì in piedi, stranamente sembrava sorridere, poi lentamente ricordai… rientrando la notte prima l’avevo sentito mormorare qualcosa, un soffio di tre parole che nel dormiveglia faticai a capire ma che adesso mi rimbombavano nella testa: “Rieccomi a casa”, capii cosa volevano dire e lentamente sorrisi anch’io…

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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