L'Isola del tesoro - Robert Louis Stevenson

>> domenica 19 giugno 2011

Libro che ha avuto un'influenza enorme sulla letteratura di genere e sulla cinematografia. Tutto il ciclo Pirati dei Caraibi ne è profondamente debitore. È un classico e come spesso accade ne senti parlare e non lo leggi mai. Questa volta non mi sono fatto sfuggire l'occasione. Alla fine ne ho avuto la stessa impressione di "Alice nel paese delle meraviglie" di Carroll: non è proprio un libro per ragazzi. Per alcune situazioni e descrizioni è da pubblico adulto.  Il personaggio più affascinante è sicuramente Long John Silver che dimostra la maestria di Stevenson nel maneggiare l'ambiguità dell'uomo (che troverà il suo apice nel successivo dottor Jekyll). Allego le parti del romanzo più significative su Long John che fanno emergere un personaggio credibile nonostante le contraddizioni dei comportamenti e delle regole morali.               

Io volevo una buona ventina d'uomini, per l'eventualità d'incontri con indigeni o pirati o con quei dannati francesi, e m'era costato una fatica del diavolo trovarne non più d'una mezza dozzina, quando uno straordinario colpo di fortuna mi portò tra le gambe proprio l'individuo che faceva per me. Ero sul molo e per puro caso attaccai discorso con lui. Seppi ch'era un vecchio marinaio, che aveva un'osteria, conosceva tutta quanta la gente di mare di Bristol, si era guastata la salute rimanendo a terra, e cercava un buon posto di cuoco a bordo per ritornare sul mare. Quel mattino se n'era venuto zoppicando fin lì, diceva, per prendervi una boccata d'aria salmastra. Io ne fui profondamente commosso, come sarebbe capitato a voi stesso, e per pura compassione lo ingaggiai lì per lì come cuoco di bordo. Si chiama Long John Silver, e gli manca una gamba; ma questo particolare conta per me come una raccomandazione, poiché codesta gamba egli l'ha perduta servendo la Patria sotto gli ordini dell'immortale Hawke. Eppure, non gli passano un centesimo di pensione. In che tristi tempi viviamo, Livesey! Ebbene, io credevo fin qui di non aver trovato che un cuoco, ed era invece una intera ciurma che avevo scoperto. Fra tutti e due riuscimmo in pochi giorni a radunare una brigata dei più induriti vecchi lupi di mare che si potesse immaginare, non certo belli da vedere, ma dei tipi, come il loro aspetto dimostra, dalla tempra indomabile. Vi assicuro che potremmo affrontare una fregata. Long John si è sbarazzato di due dei sei o sette che io già avevo ingaggiati. Egli non durò fatica a persuadermi ch'erano dei marinai d'acqua dolce per nulla adatti a un'impresa di così maschia importanza. Io sto magnificamente bene di corpo e di spirito: mangio come un bue e dormo come un ceppo; ma non me la godrò se non quando sentirò intorno all'àrgano lo scalpiccìo dei miei vecchi lupi di mare. Al largo! Al diavolo il tesoro! E' la gloria di questo mare che mi ha fatto girar la testa! Sicché, Livesey, venite senza indugio: non perdete un'ora, se mi volete bene. Mandate il giovane Hawkins a salutar sua madre accompagnato da Redruth; e poi volate a Bristol.
[...]
Il signor Trelawney aveva navigato, e la sua esperienza ci giovava non poco, poiché egli stesso con tempo tranquillo stava spesso di guardia. E il quartiermastro, Israel Hands, era un vecchio e pratico uomo di mare, prudente e astuto, del quale, in caso di necessità, ci si poteva fidare. Egli era l'amico del cuore di Long John Silver, e poiché mi accade di nominarlo, parlerò del nostro cuoco di bordo: Porco-Arrostito, come lo chiamavano i marinai. A bordo, per aver le mani libere il più possibile, egli portava la sua gruccia sospesa a una coreggia che gli girava intorno al collo, ed era curioso vederlo puntare contro una paratia il piede della gruccia, e appoggiato lì sopra, assecondando le ondulazioni della nave, continuare a curare la sua cucina tranquillo come se fosse a terra. Anche più curioso era, nel pieno della burrasca, vederlo attraversare il ponte. Per aiutarlo nei posti più larghi, erano state tese alcune cordicelle (dette gli orecchini di Long John), ed egli si spostava da un punto all'altro, ora servendosi della gruccia, ora trascinandosela dietro per la coreggia, con la sveltezza di un uomo sano. Nondimeno, quelli tra i marinai che prima avevano navigato con lui, vedendolo così ridotto lo compiangevano. "Porco-Arrostito non è un uomo qualunque" mi diceva il quartiermastro. "Da ragazzo ha fatto i suoi studi, e parla come un libro, quando ne ha voglia; e bravo poi! un leone è nulla, al paragone di Long John! Io l'ho visto alle prese con quattro, e fracassar loro la testa, una testa contro l'altra, lui disarmato!" L'equipaggio intero lo rispettava egli obbediva. Con ciascuno di loro aveva una speciale maniera di parlare e rendere servigi. A me non si stancava di prodigar cortesie; e era contento di vedermi nella cucina, che teneva pulita come uno specchio, coi piatti rilucenti appesi al muro, e, in un angolo, dentro una gabbia, il suo pappagallo. "Vieni qua, Hawkins" diceva "a fare una chiacchierata con John. Nessuno è più benvenuto di te, piccolo mio. Siedi, e ascolta le novità. Ecco qui il capitano Flint: chiamo così il mio pappagallo in memoria del famoso filibustiere, ecco qui il capitano Flint che predice buona fortuna al nostro viaggio. Non è vero, capitano?" E il pappagallo a gridare a perdifiato: "Pezzi da otto! Pezzi da otto!" finché John non gli gettava il fazzoletto sopra la gabbia. "Vedi, quest'uccello" egli diceva, "può avere i suoi duecent'anni, mio caro Hawkins, i pappagalli vivono magari di più, e se c'è uno che abbia visto più scelleratezze di lui, non può essere che il diavolo. Lui ha navigato con England, il grande capitano England, il pirata. Lui è stato nel Madagascar, nel Malabar, a Surinam, a Providence, e a Porto Bello; lui ha visto ripescare le navi della Plata, ed è là che imparò "Pezzi da otto": e non deve meravigliarti: trecento e cinquanta mila, ce n'erano, Hawkins! E si è trovato all'abbordaggio del 'Viceré delle Indie', al largo di Goa. E a vederlo, lo diresti un bambino! Ma tu hai sentito l'odore della polvere, non è vero, capitano?" "Attenti! Pronti a virare!" strillò il pappagallo. "Ah, è un cervello fino, questo qui!" diceva il cuoco, porgendogli zucchero tratto dalla tasca, mentre l'uccello picchiava col becco sulla gabbia e snocciolava una sfilza di bestemmie infernali. "Così è, ragazzo mio" seguitava John. "Chi va al mulino s'infarina. Così questo mio povero vecchio innocente uccello, che vomita fuoco, e non troveresti, te l'assicuro, una creatura più savia di lui. Bestemmierebbe, tanto per dire, alla stessa maniera davanti al cappellano." E John si toccava la fronte con tale gravità e compunzione che lo si sarebbe creduto un sant'uomo.

[...]
Con tutto il corpo entrai nel barile, e trovai che mele non ve n'era quasi più; ma stando lì dentro al buio, cullato dal rullìo della barca e dal mormorìo dell'acqua, mi sarei presto addormentato se qualcuno dalla pesante corporatura non fosse venuto a sedersi rumorosamente lì contro. Il barile ebbe una scossa mentr'egli vi urtò con le spalle, ed io stavo per saltar fuori, quando costui incominciò a parlare. Era la voce di Silver; e mi bastò udire dieci parole, che per tutto l'oro del mondo non sarei più uscito; e rimasi lì, tutto tremante, in ascolto, preso tra curiosità e spavento; poiché da quelle poche parole avevo capito che la vita di tutti i galantuomini a bordo dipendeva unicamente da me.
"No, non io" diceva Silver "era Flint il capitano; io ero quartiermastro, a causa della mia gamba di legno. Io perdetti la mia gamba nella stessa bordata dove il vecchio Pew lasciò la vista. Era un dottore in chirurgia quello che mi amputò la gamba, uscito dall'Università con tutti i diplomi, latino fin che ne vuoi e non so che altro, ma fu impiccato come un cane, e seccò al sole con gli altri a Corso Castle. Erano uomini di Roberts, quelli là; e tutta la loro` disgrazia derivò dall'aver cambiato i nomi delle loro navi: "Royal", "Fortune", e così via. Ora, quando un bastimento è battezzato con un nome, questo nome non si deve toccare, io dico. Così fu con la "Cassandra" che ci trasportò sani e salvi dal Malabar, dopo che England ebbe catturato il "Viceré delle Indie"; così fu col vecchio "Walrus", la nave di Flint, che io vidi allagata di sangue e carica d'oro che a momenti affondava." "Ah," gridò un'altra voce, quella del più giovane marinaio, in uno scatto di ammirazione "era la perla della brigata, Flint!" "Anche Davis era un uomo, sotto tutti i punti di vista" riprese Silver. "Ma io non ho mai navigato con lui: prima con England, poi con Flint; questo è tutto; e ora qui, per conto mio, per modo di dire. Io misi da parte novecento sterline al tempo di England, e duemila dopo Flint. Non c'è mica male per un uomo di prua, e tutto in banca, al sicuro. Guadagnare non è niente; ciò che conta è mettere da parte: credete a me. Cosa ne è degli uomini di England, ora? Io non lo so. E di quelli di Flint? Eh, la maggior parte sono qui a bordo, contenti di pizzicar la torta, mentre ieri andavano mendicando, alcuni di loro. Il vecchio Pew, persa la vista, non ebbe vergogna di scialacquare milleduecento sterline in un anno, come un lord del Parlamento. Dov'è ora? Ebbene, ora è morto e sotto coperta; ma nei suoi due ultimi anni il poveraccio crepava di fame. Mendicava, rubava, sgozzava, e con tutto ciò crepava di fame, per mille diavoli!" "Ebbene, dopo tutto non importava" osservò il giovane. "Non importa per gli imbecilli, puoi star sicuro; né per questo, né per nient'altro" gridò Silver. "Ma tu, senti un po': tu sei giovane, è vero, ma sei una perla d'uomo. Me ne accorsi appena ti misi gli occhi addosso, e voglio parlarti come si parla a un uomo." Vi lascio immaginare ciò che provai sentendo quell'abominevole briccone rivolgersi a un altro con le medesime parole lusingatrici che già aveva adoperate con me. Credo che se fosse dipeso da me, l'avrei ucciso attraverso il barile. E intanto continuava, lontano dal supporre che c'era chi l'ascoltava. "Così è per tutti i cavalieri di ventura. Essi vivono duramente, e rischiano la corda, però mangiano e bevono come pascià, e quando una crociera è finita, olà, sono centinaia di sterline e non di soldi, che gli entrano in tasca. Il guaio è che la maggior parte se ne va in rum e sciali, e tornano in mare con la sola camicia. Ma questo non è il mio sistema. Io metto tutto da parte: un po' qui, un po' là; e mai troppo in un posto solo, a scanso di sospetti. Io ho cinquant'anni, tienilo a mente; finita questa crociera mi metto a fare il signore sul serio. Mi dirai che era tempo. Sì, ma intanto io ho vissuto comodamente; mai nulla di ciò che mi piaceva mi sono lasciato mancare, e ho dormito sul soffice, e tutto il tempo ho mangiato da ghiotto, eccetto che in mare. E come ho cominciato? Da prua, come te." "Va bene" replicò il giovane "ma tutto il denaro che avete da parte ora è perduto, no? Dopo questo colpo non oserete mica farvi più vedere a Bristol." "O dove diavolo immagini che sia?" chiese Silver ironico. "A Bristol, nelle banche o altri posti" rispose il compagno. "C'era sì" disse il cuoco "c'era ancora quando salpammo l'àncora. Ma a quest'ora è tutto nelle mani della mia vecchia governante. Il 'Cannocchiale' è venduto: affitto, avviamento, mobilia; e la vecchia ragazza è partita per aspettarmi. Ti direi dove, perché di te mi fido; ma non voglio suscitare gelosie tra i compagni." "E voi vi fidate della vostra governante?" chiese l'altro. "I cavalieri di ventura" rispose il cuoco "generalmente si fidano poco gli uni degli altri, e hanno ragione, credilo pure. Ma io ho il mio metodo, io. Quando un camerata mi gioca un tiro, uno che mi conosce, intendo dire, significa che non gli piace troppo restare al mondo insieme col vecchio John. C'era chi aveva paura di Pew, e chi di Flint; ma lo stesso Flint aveva paura di me. Paura, aveva, malgrado la sua arroganza. E la ciurma di Flint era la più rude canaglia che tenesse i mari; lo stesso diavolo avrebbe avuto paura di navigare con loro. Ebbene, ti dico, io non sono un millantatore, e tu stesso hai visto come sono buon compagnone; ma quando navigavo da quartiermastro, 'agnelli' non era un nome adatto ai vecchi filibustieri di Flint. Ah, tu puoi esser sicuro del fatto tuo, sul bastimento del vecchio John." "Ebbene, voglio dire" replicò il giovane "che fino a un momento fa l'affare non mi garbava, ma ora che vi ho sentito parlare, sono con voi." "Sei un bravo e sveglio ragazzo, tu" rispose Silver, dandogli una così forte stretta di mano che il barile ne fu scosso. "Mai ho visto persona meglio indicata per farne un cavaliere di ventura." Io cominciavo ad afferrare il senso dei loro termini. "Cavaliere di ventura" significava semplicemente e né più né meno che un volgare pirata, e la breve scena da me sorpresa suggellava la corruzione di uno dei marinai rimasti onesti, forse dell'ultimo che ancora fosse a bordo. Ma su queste cose fui presto messo al corrente, poiché Silver lanciò un piccolo fischio, ed un terzo uomo sopraggiunse e sedette accanto agli altri due. "Dick è dei nostri" disse Silver. "Oh lo sapevo bene che Dick sarebbe stato dei nostri" ribatté la voce del quartiermastro Israel Hands. "Non è uno stupido, Dick." E masticò la sua cicca e sputò. "Ma senti un po', Porco-Arrostito, si può sapere quanto tempo resteremo qui a ciondolare come una chiatta? Ne ho abbastanza del capitano Smollett, io; mi ha rotto abbastanza le scatole, corpo di mille bombe! Voglio andare in quella cabina, io. Voglio i loro cetrioli, i loro vini, e il resto." "Israel," proruppe Silver "la tua testa non ha molto giudizio, e non ne ha mai avuto. Però tu sei capace d'ascoltare, io penso: almeno, le orecchie le hai abbastanza lunghe. Ora, ecco ciò che ti dico: tu dormirai a prua, vivrai malamente, parlerai piano e non ti ubriacherai finché io non darò il segnale: così sarà, ragazzo mio, te l'assicuro io." "E ho forse detto il contrario io?" borbottò il quartiermastro. "Io chiedo soltanto: quando? Io non dico che questo." "Quando? Per mille diavoli!" scattò Silver. "Ebbene, se vuoi saperlo, te lo dirò. Più tardi che mi sarà possibile: ecco quando. Abbiamo qui un marinaio di prim'ordine, il capitano Smollett, che ci conduce. C'è il cavaliere e il dottore che hanno in mano una carta e non so che altro. Questa carta io non so dove sia. Né tu lo sai meglio di me. Allora, dunque, io desidero che il cavaliere e il dottore trovino la "mercanzia", e ci aiutino a imbarcarla, per tutti i diavoli. Dopo di che, vedremo. Se io fossi sicuro di tutti voi, doppi figli di olandesi, aspetterei a fare il colpo quando il capitano Smollett ci avesse riportato indietro fino a metà cammino." "Ebbene, a me pare che siamo tutti quanti bravi marinai, qui" osservò il giovane Dìck. "Vuoi dire che siamo tutti uomini di prua" insorse Silver. "Noi possiamo sì seguire una rotta, ma chi è che ce la dà? E' lì dove vi arenereste tutti dal primo all'ultimo, voi cavalieri di ventura. Potessi fare a modo mio, aspetterei che il capitano Smollett ci riportasse almeno fin negli alisei; allora niente più maledetti sbagli di calcoli, né acqua a razione d'una cucchiaiata al giorno. Ma io vi conosco bene voi! Mi sbarazzerò di loro nell'isola, appena che la "mercanzia" sarà a bordo, ed è un peccato. Ma voi non siete contenti finché non siete ubriachi. Maledizione! Sono nauseato di dover a navigare con gente simile!" "Piano! Piano!" protestò Israel. "E chi ti ha contraddetto?" "Eh, pensate un po' quanti grandi bastimenti ho visto ammarinati, io. E quanti diavoli di ragazzi seccare al sole sul Dock della Forca," gridò Silver "e tutto per questa sciagurata smania di fare in fretta, fare in fretta, fare in fretta. Capite? Qualcosa in mare posso dire d'aver visto, io. Se voi seguiste semplicemente la vostra rotta tenendovi stretti al vento, potreste passeggiare in carrozza, voi. Ma voi, no! Oh, vi conosco bene. Domani avrete la vostra boccata di rum, e andate a farvi impiccare." "Che tu parli come un predicatore, lo si sa, John; però ci furono pure altri capaci di manovrare e governare non meno bene di te" ribatté Israel. "Ma loro ammettevano lo scherzo, loro. Non erano affatto così superbi e intrattabili; e si prendevano le loro punzecchiature da allegri compagnoni tutti quanti." "Ah sì?" riprese Silver. "E dove sono ora? Pew, che era di quella razza, finì mendicante. Flint, lo stesso, e morì bruciato dal rum a Savannah. Oh, erano una graziosa brigata, erano. Soltanto, mi sapete dire dove sono?" "Ma" interruppe Dick "quando avremo quei signori nelle mani, che ne faremo?" "Ecco un uomo che mi va!" gridò il cuoco ammirato. "Questo si chiama aver senso pratico. Ebbene, che pensereste voi? Abbandonarli a terra? Sarebbe il metodo di England. O tagliarli a pezzi come carne di porco? Così avrebbe fatto Flint o Billy Bones." "Billy era uomo da far questo" disse Israel. "'Uomo morto non morde,' era solito dire. Be', lui stesso è morto, ora; e conosce il poco e il molto, ora; e se mai rude marinaio entrò in porto, fu Billy." "Giusto" appoggiò Silver «rude e pronto, era. Ma badate: io sono un uomo alla mano, un vero gentiluomo, nevvero? però stavolta la cosa è seria. Il dovere è dovere, amici miei. Io sono per la morte. Quando sarò al Parlamento, e mi farò scarrozzare nel mio cocchio, non vorrei che qualcuno di questi "avvocati di mare" della cabina ritornasse in paese improvvisamente come il diavolo alla preghiera. Aspettare, dico io: ma quando il momento arriva, colpire! "John," gridò il quartiermastro "tu sei un uomo!" "Lo dirai quando avrai visto. Io per me non domando che una cosa: Trelawney. Con queste mani gli sviterò la sua testa di vitello... Dick!" aggiunse poi interrompendosi "alzati, da bravo, e prendimi una mela, che possa inumidirmi la gola." Potete immaginare il mio terrore. Sarei balzato fuori e scappato via se ne avessi trovato la forza: ma cuore e muscoli mi mancarono. Sentii Dick muoversi: ma qualcuno parve trattenerlo. E la voce di Hands esclamò: "Lascia stare, John, quella roba che puzza di sentina. Beviamo piuttosto un sorso di rum." "Dick" acconsentì Silver "io mi fido di te. C'è una misura sul barilotto, fai attenzione. Eccoti la chiave: tu riempi una mezzetta e la porti su." "Così" pensavo tra me stretto dal terrore "Arrow doveva essersi procurati i liquori che l'avevano ucciso." Mentre Dick era via, Israel sussurrò qualcosa all'orecchio del cuoco. Non furono che poche parole, tra le quali però io colsi un'importante frase: "Nessun altro sarà con noi". Avevamo dunque ancora degli uomini fedeli, a bordo. Ritornato Dick, essi bevvero uno dopo l'altro, passandosi la mezzetta. Uno augurò: "Alla nostra buona fortuna!". L'altro: "Al vecchio Flint!". E Silver, come cantando: "Beviamo a noi, e teniamoci al vento. Torta, e bottino d'oro e d'argento!" In quel momento una piccola luce entrò nel barile, e alzando gli occhi io vidi che la luna si era levata e stava inargentando la cima dell'albero di mezzana e illuminando il biancore della vela prodiera. Quasi nello stesso istante la voce della vedetta gridò: "Terra!" 
[...]
Strisciai sotto il fogliame d'una quercia sempreverde, e là mi rannicchiai a origliare, muto come un pesce. Un'altra voce rispose, dopo di che la prima, che ora riconoscevo per quella di Silver, riprese, e continuò a lungo con una abbondanza torrenziale, interrotta solo di tratto in tratto dall'altra. A giudicare dal tono, discutevano animatamente e quasi litigavano: ma nessuna parola giungeva distinta ai miei orecchi. Finalmente sembrò che i due si fermassero, e forse anche sedettero, poiché non solo smisero di avvicinarsi, ma nella pausa gli stessi uccelli si acquietarono e a poco a poco scesero a riprendere i loro posti nello stagno. A questo punto io mi accorsi che stavo trascurando la mia faccenda. Dal momento che ero stato così scioccamente ardito da accompagnarmi con quei disperati, il meno che potessi fare era di spiarne le mosse, e mio evidente dovere era avvicinarmi loro il più possibile, protetto dal fogliame degli alberi ricurvi. Io potevo stabilire con sufficiente esattezza la direzione in cui si trovavano gli interlocutori, non soltanto dal suono delle loro voci, ma anche dal modo di comportarsi di alcuni uccelli che tuttora svolazzavano spaventati sule teste degli intrusi. Strisciando gatton gattoni con studiata lentezza mi diressi verso loro, e alla fine alzando la testa potei, attraverso un buco tra le foglie, spingere lo sguardo in una piccola radura verde vicino alla palude e stretta tra gli alberi, dove Long John Silver e un altro della ciurma stavano faccia a faccia discorrendo. Il sole li investiva in pieno. Silver aveva gettato il suo cappello sull'erba, e il suo largo, glabro e biondo viso, lucido per il calore, era alzato verso quello del camerata in atto di esortare. "Amico mio" diceva "è perché ti stimo come l'oro, come l'oro, ti dico, e puoi credermi sulla parola! Se io non ti fossi attaccato come la pece, ti pare che sarei qui a metterti in guardia? Tutto è deciso, tu non puoi né togliere né aggiungere nulla: è per salvar la tua testa che ti parlo: che se uno di questi cani lo sapesse, che accadrebbe di me, Tom? Dimmi tu, che accadrebbe di me?" "Silver" replicò l'altro col volto in fiamme e la voce rauca come quella del corvo, che tremava come una corda tesa "Silver, tu sei un uomo d'età, e sei onesto, almeno tale sei ritenuto; e in più hai del denaro, che tanti poveri marinai non hanno, e sei anche bravo, se non sbaglio. E vorresti farmi credere che ti lasci comandare da quella massa di gaglioffi? Oh no! Com'è vero che Dio mi vede, preferirei perdere questa mano... Se io rinnego il mio dovere..." Qui fu interrotto da un improvviso rumore. Avevo scoperto uno dei marinai onesti, ed ecco che, nel medesimo istante, un altro mi si rivelava. Lontano nella palude qualcosa come un grido di collera ferì l'aria; un altro subito lo seguì, e infine un urlo orribile e prolungato. Le rocce del Cannocchiale lo riecheggiarono molte volte; l'intera moltitudine degli uccelli di palude scattò di nuovo in alto, oscurando il cielo con un repentino e tumultuoso volo; e quell'urlo disperato mi risuonava ancora dentro mentre il silenzio aveva da tempo ripreso il suo dominio, e soltanto il frusciare degli uccelli che ridiscendevano, e il rombo della risacca lontana turbavano la stanca quiete del pomeriggio. Tom, al rumore, era balzato come un cavallo sotto lo sprone; ma Silver non mosse ciglio: rimase là dov'era, leggermente appoggiato alla sua gruccia, sorvegliando il compagno come un serpente pronto a schizzare. "John" disse il marinaio protendendo la mano. "Giù le mani!" intimò Silver saltando indietro un metro con la disinvolta rapidità di un esperto ginnasta. "Giù le mani, se ti piace, John Silver" disse l'altro. "Se hai paura di me, vuol dire che hai cattiva coscienza. Ma, in nome del Cielo, che accade?" "Che accade?" replicò Silver sorridendo, ma più in guardia che mai, con gli occhi piccoli come capocchie di spillo nella larga faccia, scintillanti come pezzetti di vetro. "Che accade? Oh, io credo che si tratta di Alan..." A queste parole il povero Tom avvampò di una luce eroica. "Alan!" gridò. "Allora la sua anima riposi in pace. Era un vero marinaio. Quanto a te, John Silver, tu fosti a lungo mio compagno, ma ora non lo sei più. Se io muoio come un cane, morirò compiendo il mio dovere. Tu hai fatto uccidere Alan, non è vero? Ebbene, ammazza anche me, se ne hai il coraggio. Io ti sfido." Detto ciò, quel bravo ragazzo voltò le spalle al cuoco e s'incamminò verso la spiaggia. Ma non doveva andare lontano. Con un muggito John si attaccò a un ramo d'albero, e liberata la sua gruccia dall'ascella la scaraventò nell'aria. La strana freccia colpì Tom con la punta proprio in mezzo alla schiena con tale violenza che il poveretto, levate le braccia e emesso un gemito, cadde. Era ferito: ma se gravemente o no, chi poteva dirlo? A giudicare dal rumore, credo che avesse la spina dorsale spezzata. Ma Silver non gli lasciò tempo di riprendersi. Agile come una scimmia e pure senza la gruccia, in un lampo gli fu addosso, per ben due volte immerse il suo coltello fino al manico in quel corpo senza difesa. Dal mio nascondiglio lo sentii ansimare forte mentre portava i colpi. Io non so cosa veramente sia svenire; ma so che per qualche istante ciò che mi circondava sparì dalla mia vista, confuso dentro un nebbioso caos. Silver, e gli uccelli, e l'alta vetta del Cannocchiale turbinavano insieme, confusi, davanti ai miei occhi; e non so quante campane e ronzii di voci lontane mi rintronavano gli orecchi. Quando ripresi coscienza, lo scellerato, gruccia sotto il braccio, cappello in testa, già si era ricomposto. Davanti a lui, immobile sull'erba, giaceva Tom: ma l'assassino non si curava minimamente di lui, badando a pulire sopra un ciuffo d'erba il suo coltello sporco di sangue. 
[...]
Era uno spasso vederli, come assistere a una scena di teatro. "E ora" riprese Silver "ecco qua. Voi ci date la carta perché possiamo procurarci il tesoro, e smettete di sparare sui poveri marinai e spaccar loro la testa mentre dormono. Voi fate ciò, e noi vi lasciamo liberi di scegliere: o venite a bordo con noi una volta caricato il tesoro, nel qual caso io m'impegno sulla mia parola d'onore a sbarcarvi in qualche luogo sani e salvi; oppure, se ciò non vi aggrada, visto che parecchi dei miei uomini hanno un caratteraccio e conservano vecchie ruggini a causa di punizioni, allora potete restare qui, potete. Noi divideremo con voi le provviste, tanto per ciascuno, ed io m'impegno, come sopra, ad avvertire la prima nave che incontro, e a mandarla qui a prendervi. Ora mi ammetterete che questo è parlare. Potevate volermi più liberale di così? No di certo. Ed io spero" e qui alzò la voce "che tutti i vostri compagni qui dentro rifletteranno alle mie parole, perché ciò che è detto a uno è detto a tutti." Il capitano Smollett, alzatosi, batté la pipa contro il palmo della mano scuotendone la cenere. "E' tutto qui?" domandò. "L'ultima mia parola, corpo di mille bombe!" rispose. "Respingetela, e non avrete da me altro che pallottole di moschetto." "Benissimo" disse il capitano. "E ora sentite me. Se voi verrete uno per uno disarmati, io m'impegno a mettervi tutti quanti ai ferri e trasportarvi in Inghilterra dove vi si allestirà il vostro bravo processo. Se rifiutate, sappiate che io mi chiamo Alessandro Smollett, che ho issato la bandiera del mio sovrano, e vi spedirò tutti all'inferno. Voi non potete scoprire il tesoro. Voi non potete manovrare l''Hispaniola': non c'è tra voi un uomo capace di ciò. Voi non potete combatterci. Gray, qui, si è sbrigato di cinque di voi. La vostra barca è mal governata, mastro Silver; siete sottovento, e correte a battere nei frangenti. Ve ne accorgerete. Io rimango qui, ve lo dichiaro netto. Sono le ultime parole amichevoli che vi rivolgo, perché vi giuro in nome del Cielo che la prossima volta che v'incontrerò vi caccerò una palla nella schiena. Presto, ragazzo mio. Liberateci della vostra presenza, vi prego, e via, un piede dopo l'altro, e al galoppo." La faccia di Silver era impressionante: gli occhi, nella rabbia, gli schizzavano fuori della testa. Scuoté la pipa ancora accesa, e gridò: "Datemi una mano!" "Io no!" replicò il capitano. "Chi mi dà una mano per rialzarmi?" grugnì il miserabile. Nessuno di noi si mosse. Masticando le più zozze imprecazioni si trascinò sulla sabbia finché riuscì ad attaccarsi alla parete del vestibolo, e a alzarsi di nuovo sulla gruccia. Allora sputò nella sorgente. "Ecco" gridò "il conto che faccio di voi. Entro un'ora vi riscalderò come un ponce nel vostro fortino. Ridete, corpo di Satanasso, ridete pure! Tra un'ora riderete al rovescio. Quelli che moriranno saranno i più fortunati." E con una spaventosa bestemmia si allontanò, inciampando e affondando nella sabbia; e con l'aiuto dell'uomo con il vessillo parlamentare riuscì, dopo quattro o cinque tentativi falliti, a scavalcare la palizzata. Un istante dopo scompariva dietro gli alberi.
[...]
"E così, ecco qua Jim Hawkins, morte delle mie ossa, piovuto a farci visita, eh? Vieni, vieni pure, io prendo la cosa amichevolmente." Così dicendo sedette sul barile dell'acquavite e si mise a riempire la pipa. E, dopo che ebbe acceso: "Va bene, ragazzo: pianta la torcia nella catasta della legna; e voi, signori miei, andate pure: non è il caso dl rimanere in piedi per il signor Hawkins: egli vi scuserà, state tranquilli." "E così, Jim" e caricava il tabacco "eccoti qui: una ben amabile sorpresa per il povero vecchio John. Io m'ero accorto che tu eri un ragazzo sveglio, quando ti misi gli occhi addosso la prima volta: ma ora quest'improvvisata finisce di sbalordirmi, finisce." A tutto ciò, naturalmente, io nulla replicai. Essi mi avevano messo con le spalle al muro; ed io rimanevo là, guardando Silver in faccia, con un piglio abbastanza coraggioso, forse, ma con in cuore la più cupa disperazione. Silver tirò con molto sussiego una o due boccate di fumo, e continuò: "E ora, Jim, dal momento che ti trovi qui, voglio un po' dirti come la penso. Tu mi sei sempre stato caro come un ragazzo di spirito, ed io t'ho amato come l'immagine di me stesso quando ero giovane e bello. Ho sempre desiderato che ti unissi a noi per avere la tua parte e morire da gentiluomo; e ora, ecco che ci sei venuto, mio piccolo ardito. Il capitano Smollett è un distinto uomo di mare, non mi stancherò di riconoscerlo: ma quanto a disciplina è inflessibile. "Il dovere è dovere" dice lui, e ha ragione. Devi guardarti dal capitano, tu. Lo stesso dottore ce l'ha a morte con te: "ingrato furfante", così ti chiamava; e insomma la conclusione è questa, che tu non puoi ritornare coi tuoi perché di te non si vuol più sapere; e a meno che tu non formassi un terzo equipaggio, nel qual caso non raccoglieresti gran compagnia, non ti resta che unirti al capitano Silver." Fin qui tutto andava bene. I miei amici vivevano dunque, e sebbene io credessi vera in parte l'affermazione di Silver, che quelli della cabina me ne volevano per la mia diserzione, le parole udite mi diedero più sollievo che afflizione. "Quanto al fatto che sei nelle nostre mani" continuò Silver "e che ci sei non ne puoi dubitare, io non dirò nulla. Io preferisco ragionare: dalle minacce non ho mai visto uscir niente di buono. Se il servizio ti quadra, ebbene, tu ti arruoli con noi; se non ti quadra, sei padrone padronissimo di dir di no, camerata mio; e se c'è un marinaio al mondo capace di parlare più chiaro di così, Dio mi fulmini!" Attraverso tutte queste beffarde parole io avevo bene avvertito la minaccia di morte che mi pendeva sul capo; le mie guance scottavano e il mio cuore martellava affannosamente dentro il mio petto. "Devo dunque rispondere?" chiesi con un filo di voce. "Nessuno ti sta alle costole, ragazzo mio. Rileva la tua posizione. Nessuno vuole farti premura; il tempo, come vedi, scorre così piacevolmente in tua compagnia." "Ebbene" dissi io prendendo un po' di coraggio "se devo scegliere, dichiaro che ho diritto di sapere che cosa è successo, e perché voi siete qui, e dove si trovano i miei amici." "Che cosa è successo?" echeggiò uno dei filibustieri con un sordo grugnito. "Fortunato chi lo sa!" "Sarebbe meglio che tenessi chiusi i tuoi boccaporti fino a quando non ti si dirige la parola, amico mio" intervenne Silver trucemente. E rivolgendosi a me con l'amabile tono di prima, rispose: "Ieri mattina, durante il piccolo quarto, si presenta il dottor Livesey con bandiera bianca. Capitano Silver, mi dice, siete tradito. Il bastimento non c'è più. Ebbene, può darsi che nella notte avessimo bevuto un bicchiere di più, e cantato magari per farla passare. Non dico di no. Comunque, nessuno di noi aveva messo il muso fuori. Guardammo, e, corpo di mille bombe, la vecchia goletta non c'era più. Io non ho mai visto una banda di minchioni restare lì con un'aria più istupidita. Ebbene, dice il dottore, vogliamo trattare? Trattammo, lui ed io, e il risultato eccolo qui: provviste, acquavite, fortino, legna da ardere che voi aveste la preveggenza di tagliare e accatastare; e, per così dire, tutta quella benedetta nave, dalle crocette alla chiglia, nelle nostre mani. Quanto a loro, sono filati via, né so dove si trovino." Tirò placidamente un'altra boccata di fumo, e proseguì: "E perché tu non ti metta in testa che sei compreso nel patto, ecco le ultime parole pronunciate: Quanti siete, dico io, ad andarvene? Quattro, dice lui, quattro, uno dei quali ferito. Quanto a quel ragazzo, ignoro dov'è, che il diavolo se lo porti, dice lui, non me ne importa affatto. Ne siamo stufi. Queste furono le sue parole." "E' tutto qui?" "Sì, è tutto quanto devi sapere, figliolo mio." "E ora devo scegliere?" "Ora devi scegliere, sicuro." "Ebbene" dissi io "io non sono così sciocco da non sapere che cosa mi aspetta. Ma accada quel che accada, non me ne importa. Ne ho visti morire abbastanza da quando vi ho incontrato. Ci sono però una o due cose che mi preme dirvi" e mentre così parlavo ero assai eccitato "e la prima è questa: voi siete in una brutta situazione: nave perduta, tesoro perduto, uomini perduti: tutta la vostra impresa naufragata; e se desiderate sapere chi ne è stato la causa, io sono stato. Io stavo acquattato nel barile delle mele la sera che avvistammo l'isola, e sentii voi, John, e voi, Dick Johnson, e Hands che dorme ora in fondo al mare, e immediatamente riferii sillaba per sillaba ciò che avevate detto. E quanto alla goletta, sono stato io a tagliare il cavo, io a uccidere gli uomini che erano a bordo, io a portarla dove né voi né nessuno dei vostri uomini la rivedrà mai. E sono io che posso ridere; il filo della matassa era in mano mia, e voi non mi fate paura più di una mosca. Ammazzatemi o risparmiatemi come più vi piacerà. Ma una sola cosa dirò ancora: se voi mi risparmiate, dimenticherò il passato, e quando comparirete davanti alla corte sotto l'accusa di pirateria, vi difenderò con tutte le mie forze. Tocca a voi scegliere. O sopprimermi senza trarne il minimo utile, o risparmiarmi assicurandovi un testimonio che vi salverà dalla forca." M'interruppi perché proprio mi mancava il respiro. Con mia gran meraviglia nessuno di loro si mosse; rimasero tutti a guardarmi mogi come tante pecore. E mentre così mi guardavano, ripresi: "E ora, mastro Silver, poiché voi siete il migliore di tutti, se le cose andassero alla peggio usatemi la cortesia di far conoscere al dottore in che modo mi sono comportato." "Me lo ricorderò" disse Silver con un accento così curioso che io non avrei potuto, anche a prezzo della mia vita, decidere se si burlasse della mia richiesta o fosse simpaticamente commosso dalla mia prova di coraggio. "Aggiungerò io qualche cosa" gridò il vecchio marinaio dalla faccia color di mogano, detto Morgan, che avevo visto nella taverna di Silver sulla banchina di Bristol "è stato lui a riconoscere Can-Nero." "E sentite me" intervenne il mastro cuoco "che ve ne dico un'altra, corpo d'una saetta: è stato questo ragazzo a sgraffignare la carta a Billy Bones. Dal principio alla fine, Jim Hawkins è stato il nostro scoglio!" "E allora, ecco per lui" proferì Morgan accompagnandovi una bestemmia. E balzò in piedi tirando fuori il coltello con selvaggia irruenza. «Alto là!" gridò Silver. "Chi sei tu, Tom Morgan? Ti credi forse di essere il capitano? Se così è, per mille diavoli, ti mostrerò che t'inganni. Prova a mettermiti contro, e andrai dove tanti cristiani da trent'anni a questa parte sono andati prima di te, dal primo all'ultimo: qualcuno sulla punta del pennone, che Dio mi fulmini, qualcuno fuori bordo, e tutti quanti a pascere i pesci. Non c'è mai stato nessuno che mi abbia guardato nel bianco degli occhi e abbia poi visto un giorno felice, Tom Morgan, te l'assicuro io." Morgan tacque; ma tra gli altri sorse un roco mormorìo. "Tom ha ragione" disse una voce. "Io sono stato seccato abbastanza da un capitano" aggiunse un altro. "M'impicchino se mi lascio romper le scatole da voi, John Silver." "C'è qualcuno di voi, miei signori, che voglia venire a spiegarsi di fuori con me?" urlò Silver sporgendosi di sul caratello con in pugno la sua pipa accesa. "Coraggio, su: parlate: non siete mica muti? Chi lo desidera sarà servito. Avrò dunque vissuto tanti anni per vedermi provocare dal figlio di un ubriaco? Voi conoscete le regole: siete gentiluomini di fortuna, a quanto dite. Ebbene, eccomi pronto. Prenda un coltellaccio chi ha fegato, e io vi prometto che vedrò il colore delle sue budella malgrado la mia gruccia e tutto, prima che questa pipata sia finita." Nessuno si mosse, nessuno rispose. "Così siete voi, no?" aggiunse riportando la pipa alla bocca. "Ah, bellissimi da vedere, non c'è dubbio. Ma non troppo bravi sul terreno, no davvero. Ma se vi parlo nell'inglese di Re Giorgio credo che mi capirete. Orbene: io sono vostro capitano per elezione. Io sono il capitano qui perché sono migliore di tutti d'un buon miglio marino. Voi rifiutate di battervi come dovrebbero dei gentiluomini di fortuna. Allora, corpo d'una saetta, obbedirete, state pur certi. Ora, io voglio bene a questo ragazzo: non ho mai visto un ragazzo migliore di lui. Vale più lui d'un qualsiasi paio di vigliacchi che siete qui dentro; ed ecco cosa vi dico: vorrò vedere chi oserà mettergli le mani addosso, ecco che cosa vi dico, e potete star sicuri." Seguì un lungo silenzio. Io stavo dritto con le spalle al muro, e con il cuore che continuava a battere come il martello d un fabbro; ma un raggio di speranza ora mi spuntava dentro. Silver si piazzò contro il muro, con le braccia incrociate, la pipa all'angolo della bocca, immobile come fosse in chiesa; ma lanciava intorno sguardi furtivi, e con la coda dell'occhio spiava i suoi irrequieti compagni. I quali si andavano gradatamente raccogliendo all'estremità del fortino, e il loro sommesso bisbigliare risuonava continuo al mio orecchio come un ruscello. Uno dopo l'altro alzavano gli occhi, e la luce rossastra della fiaccola batteva per un istante sulle loro torbide facce: ma non era su me, era su Silver che cadevano i loro sguardi. "Sembra che ne abbiate delle cose da dire" osservò Silver lanciando lontano uno sputo. "Cantatemela, che la possa sentire, o se no, mettetevi alla cappa." "Chiedo perdono, capitano" replicò uno degli uomini "voi prendete un po' troppo alla leggera qualcuna delle nostre regole. Questo equipaggio è scontento; questo equipaggio non ama le intimazioni più dei colpi di agucchione; quest'equipaggio ha i suoi diritti non meno degli altri; mi permetto di dirlo; e a norma delle stesse vostre regole sostengo che noi possiamo discutere insieme. Chiedo perdono, vi riconosco come capitano in questo momento, ma reclamo il mio diritto, ed esco per tenere consiglio."
[...]
E perciò fu con un tono aspro che il dottore gli rispose. "Ubriachi o deliranti" disse. "Lei ha ragione" replicò Silver "ma ciò non fa differenza né per lei né per me." "Suppongo non pretenderete che io vi prenda per un uomo pietoso," ribatté il dottore con un ghigno "cosicché può darsi che i miei sentimenti vi sorprendano. Ma se io fossi sicuro che delirano (e sono moralmente certo che uno di loro ha la febbre) lascerei questo campo e rischierei volentieri la pelle per portar loro il soccorso della mia scienza." "Chiedo perdono, signore, ma lei avrebbe torto. Ci rimetterebbe la sua preziosa esistenza, stia pur sicuro. Io sono mani e piedi dalla sua parte, adesso, e non vorrei vedere le nostre forze indebolite e private della sua persona, tanto più che so quanto a lei devo. Ma quella gente laggiù non sarebbe capace di mantenere la parola, no, anche supponendo che lo volesse; e, ciò che più conta, non crederebbe che lei mantenesse la sua." "Difatti" disse il dottore "voi siete l'uomo capace di mantenere la parola: lo sappiamo." Furono quelle all'incirca le ultime notizie che avemmo dei tre. Solo una volta udimmo, molto lontano, un colpo di fucile, e pensammo che cacciassero. Si tenne consiglio, e fu deciso, con grande giubilo di Ben Gunn e la piena approvazione di Gray, di abbandonarli sull'isola. Lasciammo loro una notevole provvista di polvere e di palle, quasi tutta la carne di capra salata, un po' di medicinali, e alcune altre cose di prima necessità: degli arnesi, degli abiti, una vela di ricambio, parecchie braccia di corda; e, dietro richiesta del dottore, una buona provvista di tabacco. Nient'altro ci restava da fare nell'isola. Già avevamo stivato il tesoro e imbarcato sufficiente acqua, insieme col resto della carne di capra, per fronteggiare qualsiasi eventualità; e finalmente un bel mattino salpammo l'àncora, operazione che richiese tutte le nostre forze, e uscimmo dalla baia del Nord sotto la stessa bandiera che il capitano aveva issato e difeso alla palizzata. I tre ci avevano spiato più da vicino di quanto non immaginassimo, come presto constatammo. Poiché uscendo dallo stretto dovemmo costeggiare molto da vicino la punta sud, e li vedemmo là tutti tre inginocchiati l'uno accanto all'altro sopra una striscia di sabbia, tendendoci le braccia supplichevoli. Piangeva il cuore a tutti, io credo, ad abbandonarli in quel misero stato; ma noi non potevamo esporci al rischio di un altro ammutinamento; e riportarli a casa loro per consegnarli alla forca, sarebbe stato un atto di gentilezza alquanto crudele. Il dottore dette loro una voce, e li informò delle provviste che avevamo lasciate e del luogo dove le avrebbero trovate. Ma essi continuavano a chiamarci per nome, supplicandoci per amor di Dio di avere pietà e di non abbandonarli alla morte in quella solitudine. Da ultimo, vedendo che la nave proseguiva la sua rapida corsa e stava per arrivare fuori portata di voce, uno di loro (non so chi) saltò in piedi con un rauco grido, puntò il suo moschetto, e una palla passò fischiando sulla testa di Silver e bucò la vela maestra. Allora ci riparammo dietro il bastingaggio; e quando io tornai a guardare essi erano scomparsi, e la stessa striscia di sabbia si era perduta nella lontananza. Così era finita con loro; e prima di mezzogiorno, con mia indicibile gioia, anche il più alto picco dell'Isola del Tesoro s'era affondato nel cerchio azzurro dell'orizzonte. Trovandoci a corto di uomini, dovevamo tutti dare una mano ai lavori di bordo; solo il capitano, disteso su un materasso a poppa, si limitava a trasmettere ordini, perché malgrado si fosse rimesso in forze aveva ancora bisogno di riposo.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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