La ragazza dai capelli strani, David Foster Wallace

>> domenica 15 novembre 2009


E’ una raccolta di dieci racconti brevi con situazioni, dialoghi, considerazioni, personaggi fortemente eterogenei tra loro. Sono interessanti il racconto che dà il nome alla raccolta, per il linguaggio usato dal protagonista (parole e sintassi sono molto efficaci nel descrivere un mondo di sottocultura e bassezze morali) e “Piccoli animali senza espressione” per la critica al mezzo televisivo che trasuda come l’umidità da un muro pieno di muffa. In tanti altri casi però la scrittura rimane in superficie, non approfondisce e si ferma lasciando al lettore immaginare il resto. Forse è anche per il limite del racconto breve. La cosa che ho apprezzato più di tutto del libro è l’intervista finale all’autore che mi ha fatto nascere la curiosità di approfondire la sua opera.

Se uno scrittore si rassegna all’idea che il pubblico sia troppo stupido, ad aspettarlo ci sono due trappole. Una è la trappola dell’avanguardismo: si fa l’idea che sta scrivendo per altri scrittori, perciò non si preoccupa di rendersi accessibile o affrontare questioni di ampia rilevanza. Si preoccupa di far sì che ciò che scrive sia strutturalmente e tecnicamente all’avanguardia: involuto nei punti giusti, ricco di appropriati riferimenti intertestuali… L’opera deve sprizzare intelligenza. Ma all’autore non importa nulla se sta comunicando o meno con un lettore a cui freghi qualcosa di quella stretta allo stomaco che è poi il motivo principale per cui leggiamo. Sul fronte opposto ci sono opere volgari, ciniche, commerciali, realizzate secondo formule prestabilite - essenzialmente il corrispondente letterario della tv – che manipolano il lettore, che presentano materiale grottescamente semplificato con uno stile avvincente perché infantile. La cosa strana è che questi due fronti sono in lotta fra loro ma hanno un origine comune, che è il disprezzo per il lettore: l’idea che l’attuale emarginazione della letteratura sia colpa del lettore. Il progetto che vale la pena di portare avanti è invece quello di scrivere qualcosa che abbia in parte la ricchezza, la complessità, la difficoltà emotiva e intellettuale dell’avanguardia, qualcosa che spinga il lettore ad affrontare la realtà invece che ignorarla, ma che nel fare questo provochi anche piacere nella lettura. (…)
Se i lettori credono semplicemente che il mondo sia stupido, superficiale e cattivo, allora uno come Bret Easton Ellis può scrivere un romanzo cattivo, stupido e superficiale che diventa un ironico e tagliente ritratto della bruttura del mondo che ci circonda. Siamo d’accordo un po’ tutti che questi sono tempi bui, e stupidi, ma abbiamo davvero bisogno di opere letterarie che non facciano altro che mettere in scena che sia tutto buio e stupido? Nei tempi bui, quello che definisce una buona opera d’arte, mi sembra che sia la capacità di individuare e fare la respirazione bocca a bocca a quegli elementi di umanità e di magia che ancora sopravvivono ed emettono luce nonostante l’oscurità dei tempi. La buona letteratura può avere una visione del mondo cupa quanto vogliamo, ma troverà sempre un modo sia per raffigurare il mondo sia per mettere in luce la possibilità di abitarlo in maniera viva e umana.

Commeto del gruppo lettori
Dell’autore sono stati letti libri differenti e il lettori hanno espresso giudizi diversi e talvolta contrastanti. È stata apprezzata la sua capacità di analizzare e sviscerare i sentimenti con descrizioni minute in cui l’attimo si suddivide in mille frammenti. Tale modalità di narrare permette di cogliere tutte le sfumature della realtà che viene osservata da prospettive inusuali e con uno sguardo ironico e dissacrante Il linguaggio, non facile ma estremamente efficace e preciso, riesce a narrare, al limite dell’assurdo, situazioni realistiche e quotidiane della società americana con effetti che colpiscono nel profondo il lettore. È scrittura pura che per alcuni è risultata disturbante iperrealista, schizofrenica; il mondo rappresentato è decadente, senza speranza e senza prospettive, anche se l’autore attribuisce alla letteratura il compito di scuotere le menti per liberarle dalle ovvietà e dai soliti luoghi comuni con cui si è abituati a percepire la realtà e a giudicarla.
È un autore le cui parole troppo velenose ti massacrano il cervello, ma intrigante ad un punto tale da non riuscire a staccartene, forse è per questo che è diventato un autore cult per tanti giovani scrittori.

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Accabadora, Michela Murgia

>> mercoledì 11 novembre 2009


Libro molto poetico con una scrittura essenziale che coinvolge ed emoziona. E’ costruito su un messaggio fondamentale: la vita è così imprevedibile che ti può portare ad azioni che mai ti saresti sognato di fare.

Tu dalle guerre devi tornare, figlia mia. Non l’aveva mai chiamata così, e non lo fece mai più in quel modo. Ma a Maria quel piacere denso, così simile a un dolore in bocca, rimase impresso per molto tempo.

Niente a Soreni era sbeffeggiato e tenuto ai margini quanto uno stupido, perché se l’astuzia, la forza e l’intelligenza si potevano vincere ad armi pari, la stupidità non aveva peggior nemico di sé stessa, e la sua fondamentale imprevedibilità la rendeva pericolosa negli amici più ancora che nei nemici.

“Non dire mai: di quest’acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata".

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Canti del Caos, Antonio Moresco

>> giovedì 5 novembre 2009

Ci sono libri che dividono i lettori in due partiti ben distinti (i detrattori e gli entusiastici) che si contrappongono accanitamente. Mi è capitato di scegliere di leggere un libro (Caos Calmo) proprio spinto dalla curiosità di capire chi delle due fazioni numericamente equivalenti, avesse ragione. In quell’occasione sono stato fortunato perché il romanzo di Veronesi è a mio avviso uno dei più bei libri che siano stati scritti negli ultimi anni. Con lo stesso approccio mi sono avvicinato all’opera di Moresco ma in questo caso l’esito è stato diverso. E’ un romanzo che definirei “felliniano” se con questo aggettivo si può indicare qualcosa di onirico, sovrabbondante, eccessivo, spiazzante, iperbolico. Ma tutto sommato inconcludente, un puro esercizio di stile e alla fine noioso e inutile. In più di mille pagine si fa fatica a trovare qualcosa che meriti di essere trascritto.

“Il mio tempo è finito. E’ cominciato il mio” penso penserò un istante prima che penserà, nella luce nera che sarà, nel mio cervello seminale increato che sarà, un istante prima che sarà, che sorriderà, che sorriderà, che sorriderà, che nell’increato sorriderà.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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