L’Alchimista, Paulo Coelho

>> venerdì 29 maggio 2009


E’ un libro che fa riflettere su se stessi, su quali sono i propri valori e sulla strada che si decide (o meno) di seguire nella vita. Fa riflettere su cosa ci hanno trasmesso i nostri genitori. Fa riflettere sulla cultura e sulla competenza che abbiamo raggiunto nella vita e se questa è sufficiente a far felici noi stessi e gli altri attorno a noi. Fa riflettere su ciò che ci manca.

La Madonna, con il Bambino Gesù fra le braccia, aveva deciso di scendere in Terra per visitare un monastero. Orgogliosi, tutti i monaci si misero in una lunga fila, presentandosi ciascuno davanti alla Vergine per renderle omaggio. Uno declamò alcune poesie, un altro le mostrò le miniature che aveva preparato per la Bibbia e un terzo recitò i nomi di tutti i santi. E così via, un monaco dopo l’altro, tutti resero omaggio alla Madonna e al Bambino.
All’ultimo posto della fila ne rimase uno, il monaco più umile del convento, che non aveva mai studiato i sacri testi dell’epoca. I suoi genitori erano persone semplici, che lavoravano in un vecchio circo dei dintorni, e gli avevano insegnato soltanto a far volteggiare le palline in aria.
Quando giunse il suo turno, gli altri monaci volevano concludere l’omaggio perché il povero acrobata non aveva nulla di importante da dire e avrebbe potuto sminuire l’immagine del convento. Ma anche lui, nel profondo del proprio cuore, sentiva un bisogno immenso di offrire qualcosa a Gesù e alla Vergine.
Pieno di vergogna, sentendosi oggetto degli sguardi di riprovazione dei confratelli, tirò fuori dalla tasca alcune arance e cominciò a farle volteggiare: perché era l’unica cosa che egli sapesse fare. Fu solo in quell’istante che Gesù Bambino sorrise e cominciò a battere le mani in braccio alla Madonna. E fu verso quel monaco che la Vergine tese le braccia, lasciandogli tenere un po’ il bambinello.

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Il Deserto dei Tartari, Dino Buzzati

>> lunedì 11 maggio 2009




L'inesorabile passare del tempo che segna il passaggio dalla giovinezza all'età matura sono tra le pagine più belle e commoventi che abbia mai letto. Meritano di essere riportate integralmente.

Proprio quella notte cominciava per lui l'irreparabile fuga del tempo. Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c'è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando l'orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma è certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo. Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l'impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così si continua il cammino in una attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto. Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualche cosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa tempo a fissarlo che già precipita verso il confine dell'orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l'una sull' altra, tanto è il loro affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur finire. Chiudono a un certo punto alle nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa tempo a tornare. Ma Giovanni Drogo in quel momento dormiva ignaro e sorrideva nel sonno come fanno i bambini. Passeranno dei giorni prima che Drogo capisca ciò che è successo. Sarà allora come un risveglio. Si guarderà attorno incredulo; poi sentirà un trepestio di passi sopraggiungenti alle spalle, vedrà la gente, risvegliatasi prima di lui, che corre affannosa e lo sorpassa per arrivare in anticipo. Sentirà il battito del tempo scandire avidamente la vita. Non più alle finestre si affacceranno ridenti figure, ma volti immobili e indifferenti. E se lui domanderà quanta strada rimane, loro faranno si ancora cenno all'orizzonte, ma senza alcuna bontà e letizia. Intanto i compagni si perderanno di vista, qualcuno rimane indietro sfinito, un altro è fuggito innanzi, oramai non è più che un minuscolo punto all'orizzonte. Dietro quel fiume -dirà la gente -ancora dieci chilometri e sarai arrivato. Invece non è mai finita, le giornate si fanno sempre più brevi, i compagni di viaggio più radi, alle finestre stanno apatiche figure pallide che scuotono il capo.Fino a che Drogo rimarrà completamente solo e all'orizzonte ecco la striscia di uno smisurato mare immobile, colore di piombo. Oramai sarà stanco, le case lungo la via avranno quasi tutte le finestre chiuse e le rare persone visibili gli risponderanno con un gesto sconsolato: il buono era indietro, molto indietro e lui ci è passato davanti senza sapere. Oh, è troppo tardi ormai per ritornare, dietro a lui si amplia il rombo della moltitudine che lo segue, sospinta dalla stessa illusione, ma ancora invisibile sulla bianca strada deserta.Giovanni Drogo adesso dorme nell'interno della terza ridotta. Egli sogna e sorride. Per le ultime volte vengono a lui nella notte le dolci immagini di un mondo completamente felice. Guai se potesse vedere se stesso, come sarà un giorno, là dove la strada finisce, fermo sulla riva del mare di piombo, sotto un cielo grigio e uniforme e intorno nè una casa né un uomo né un albero, neanche un filo d'erba, tutto così da immemorabile tempo.

Commento del Gruppo Lettori
Per alcuni è stata la riscoperta di un libro già letto che è apparso diverso in base all’esperienza e all’età. Sempre valido anche ai nostri giorni il messaggio, in quanto non si riesce a vivere l’oggi, perché sempre orientati verso il futuro. Un libro dunque molto amato, da rileggere, aspettando di avere la vita alle spalle, perché solo a questo punto ci si rende conto che si è trascorso gran parte del proprio tempo nell’attesa di un cambiamento che dovrebbe arrivare dall’esterno. Infatti il protagonista che struttura la propria vita come un insieme di riti quotidiani, di abitudini accolte con piacere, mantiene il proprio equilibrio nella monotonia di questa ritualità. Un adattamento che però nel lettore provoca angoscia per l’assenza di ogni prospettiva. Il senso di solitudine di insensatezza e di vuoto sono espressi con un linguaggio raffinato a tratti arcaico, ma molto efficace nello scavare nell’animo umano, evidenziandone grandezze, limiti e quotidiane cattiverie

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Qualcuno con cui correre, David Grossman

Bella la descrizione della storia d’amore tra i due ragazzi. Delicata e non scontata.
Provava una sensazione nuova, sconcertante, strana. Come se qualcuno si fosse intrufolato nella sua anima e avesse cominciato vertiginosamente ad arredarla, a spostare tavoli pesanti, a buttare fuori armadi vecchi e pieni di muffa, a introdurre mobili leggeri e flessibili, di bambù.

Commento del Gruppo Lettori

I lettori si sono divisi: alcuni hanno considerato Grossman un grande scrittore, molto delicato e profondo nella descrizione dei sentimenti. Solo in apparenza il libro sembra un romanzo per ragazzi, in realtà è molto introspettivo e pur avendo la struttura tipica del romanzo d’avventura per adolescenti, affronta molte situazioni tipiche del mondo dell’adolescenza (rapporto con i genitori, la droga, le scelte trasgressive, ma anche gli ideali, i sogni) con una scrittura molto raffinata e complessa. Molto appassionante è stata la trasformazione del protagonista Assaf che nel corso della vicenda ha preso coscienza di sé e del senso da dare alla sua vita. L’autore fa intravedere, attraverso i cambiamenti dei due protagonisti, la possibilità di un nuovo umanesimo, che costruisca nuovi rapporti basati sull’empatia e sulla sincerità.
Secondo altri la vicenda risulta artificiosa e poco credibile nella narrazione delle situazioni in cui si trovano i due ragazzi e nella presentazione di alcuni personaggi, di cui si fatica ad attribuire un ruolo determinato e coerente (come per esempio il personaggio di suor Teodora). Il romanzo è apparso esagerato nella descrizione dei sentimenti e nella narrazione prolissa ed eccessiva; la lettura è quindi risultata monotona e priva di stimolo.

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Le Correzioni, Jonathan Franzen

Appartengo ai fan del libro perché secondo me è un quadro iperrealista della realtà contemporanea. I personaggi sono descritti così bene che sembrano vivi ed è impossibile non scorgere in atteggiamenti, modi di pensare e comportamenti, qualcosa di molto vicino a noi che ha riguardato noi stessi o amici, parenti, conoscenti. E’ un libro che nel bene e nel male non lascia indifferenti.
Riporto l’”interrogatorio” che la madre Enid effettua alla fidanzata del figlio. L’ambivalenza tra le domande e il relativo sottinteso, fa emergere la caratterizzazione fondamentale di Enid, molto attenta all’aspetto esteriore della vita come se questo fosse sufficiente a determinare la felicità delle persone a lei più care.

- Abiti in città? – disse Enid (non convivi con nostro figlio, vero?) –
- E lavori in città anche tu? (quanto guadagni? Non appartieni ad una famiglia aliena, snob della costa orientale?)
- Sei cresciuta qui? (o vieni da uno stato al di là degli Appalachi, dove la gente è cordiale, pratica e presumibilmente non ebrea?)
- Oh, e la tua famiglia è ancora nell’Ohio (O forse i tuoi genitori hanno compiuto la scelta moderna e moralmente discutibile di divorziare?)
- Hai fratelli o sorelle (Sei una figlia unica viziata o una cattolica con miriadi di fratelli?)
Commento del Gruppo Lettori
La storia risulta interessante, ma la lettura per molti è stata angosciante e in qualche punto addirittura sconvolgente, soprattutto quando viene narrata la situazione dei due genitori anziani e descritta in modo impietoso ironico e a volte grottesco la vecchiaia. I personaggi, presentati in modo molto accurato e profondo, sono molto reali , tanto che la storia, pur ambientata negli Stati Uniti, diventa uno spaccato di vita attuale non solo americana. La società rappresentata, nella codificazione dei comportamenti sociali e nell’ipocrisia istituzionalizzata, è rigida senza fantasia, senza anima, e rivela l’assenza di una vera cultura. Ad alcuni lettori la scrittura è risultata noiosa, eccessivamente prolissa nella narrazione delle vicende che a volte costituivano una storia a sé stante. L’iperrealismo , spesso efficace, è stato giudicato a tratti volgare, arido e impietoso. Delle due generazioni presenti nella storia, sono i figli a fare la figura peggiore, perché, una volta usciti di casa, si lasciano andare ad una vita senza regole e senza valori, dove manca ogni rielaborazione delle proprie esperienze. Questo libro, giudicato molto complesso nella struttura narrativa, si è rivelato come un romanzo di denuncia sociale, per cui alla fine ci si chiede cosa siano e dove siano andate a finire nel paese della democrazia libertà, democrazia e cultura.

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Via Katalin, Magda Szabò

>> lunedì 4 maggio 2009


La molla che ha fatto scattare il tutto (tra cui la creazione di un blog personale) è il libro Via Katalin di Magda Szabò. Ed in particolare le prime due pagine, che meritano l’acquisto del libro per la lucida, dolente, poetica visione della vecchiaia. Le riporto integralmente.

Diventare vecchi è un processo diverso da come lo rappresentano gli scrittori, e somiglia poco anche alle descrizioni della scienza medica. Nessuna opera letteraria, né tanto meno un medico, avevano preparato gli abitanti di Via Katalin al particolare nitore che l’invecchiare avrebbe portato nella buia galleria percorsa quasi inconsapevolmente nei primi decenni delle loro vite, né all’ordine che avrebbe messo tra i loro ricordi e le loro paure, o al modo in cui avrebbe modificato i loro giudizi e la loro scala di valori. Avevano capito di dover mettere in conto alcuni cambiamenti biologici, perché il corpo aveva cominciato un lavoro di demolizione che avrebbe concluso con la stessa precisione e lo stesso impegno con cui si era preparato alla strada da compiere fin dall’istante del loro concepimento; avevano anche accettato il fatto che il loro aspetto sarebbe cambiato, i sensi si sarebbero indeboliti, i gusti ed eventualmente anche le abitudini o i bisogni si sarebbero adeguati alle variazioni del fisico, rendendoli più voraci o più frugali, più timorosi o forse più suscettibili; e sapevano persino che la regolarità di funzioni come il sonno o la digestione, che quando erano giovani sembravano scontate quanto l’esistere stesso, sarebbero diventate problematiche. Nessuno aveva spiegato loro che la fine della giovinezza è terribile non tanto perché sottrae qualcosa, quanto piuttosto perché lo apporta. E quel qualcosa non è saggezza, né serenità, né lucidità, né pace. E’ la consapevolezza che il Tutto si è dissolto. All’improvviso si accorsero che l’invecchiare aveva disgregato quel passato che negli anni dell’infanzia e della giovinezza consideravano così compatto e solido: il Tutto era caduto a pezzi e, anche se non mancava nulla, perché quei frammenti contenevano ogni cosa successa fino a quel giorno, niente era più come prima. Lo spazio era diviso in luoghi, il tempo in momenti, gli eventi in episodi, e gli abitanti di Via Katalin avevano infine capito che nelle loro intere vite soltanto un paio di luoghi, un paio di momenti e alcuni episodi contavano davvero. Il resto era stato un semplice riempitivo nelle loro fragili esistenze, come i trucioli che si versano nelle casse prima di un lungo viaggio per impedire al contenuto di rompersi. Ormai sapevano che la differenza tra i morti e i vivi è solo qualitativa, non conta granchè, e sapevano anche che a ciascuno tocca un solo essere umano da invocare nell’istante della morte.

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Inizio

Leggere libri è un’operazione lenta, impegnativa, solitaria e forse un po’ fuori moda.
Ho iniziato quando avevo 10 anni con l’enciclopedia Conoscere, 22 volumi semplici nel linguaggio e magnificamente illustrati. La usavo per le ricerche scolastiche ma anche per il solo piacere di sfogliarla. Un’estate, poco prima che lo zio che ce l’aveva prestata se la riprendesse per utilizzarla con i figli, l’ho letta tutta, dalla prima all’ultima pagina. E’ stato il libro più lungo che abbia mai letto.
Da allora ne sono seguiti tanti altri, di tutti i generi e degli autori più disparati. Tutti accomunati dal piacere fisico che mi suscitavano per le vite che riuscivo a conoscere, per le situazioni e le emozioni che sperimentavo, per le conoscenze che acquisivo. Per i successivi dieci anni sono stato un lettore assiduo. Con l’inizio dell’Università e il successivo lavoro, la lettura è diventata sempre più funzionale e i libri si sono via via diradati e, ahimè, azzerati.
Nel 2007 la svolta. Spinto dalla ricerca di quel piacere perduto ho ripreso a leggere e a tenere traccia dei libri che leggevo, conservando le parti (testi, frasi, pagine) che mi lasciavano qualcosa. Qualche mese fa ho iniziato a partecipare al gruppo lettori che ruota attorno alla biblioteca comunale ed è stata un’esperienza nuova e interessante perché la discussione sul libro del mese completa la fruizione di un’opera arricchendola di punti di vista diversi, di interpretazioni inaspettate, di dettagli trascurati. E poi il confronto con gli altri fa scaturire nuove proposte di lettura nella maniera a me più congeniale. Leggere è impegnativo e il tempo è limitato. Proprio per questo risulta essenziale che la scelta sia oculata. Nella scelta di un libro non mi interessa la trama che anzi cerco di evitare di leggere per non farmi influenzare e per non perdere il piacere di scoprirla parola per parola. Mi interessa il consiglio dell’altro, il sapere che quel libro gli è piaciuto, gli ha procurato delle emozioni e quali. Le emozioni, più delle note di copertina, possono avvicinare ad un testo sconosciuto e se l’autore è bravo, la trama diventa solo un pretesto.
L’attuale stadio della mia evoluzione di lettore è quello in cui desidero condividere i testi che leggo presentandoli come causa di un cambiamento (il mio) in termini di nuovi punti di vista, originali sintesi del significato della vita, prospettive inaspettate.
L’obiettivo è duplice: allargare la base di discussione e confronto, tenere memoria dei passaggi di testo in cui l’autore infonde l’anima del suo messaggio.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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