Il battello bianco, Tschingis Aitmatov

>> domenica 21 giugno 2009


E’ una fiaba che cela tra le righe un pessimismo assoluto: non c’è scampo e speranza in un contesto di autorità e oppressione. La figura più emblematica è quella del nonno che prima alimenta i sogni del bambino e poi contribuisce a distruggerli. E questo perché non sa opporsi alle imposizioni e vessazioni di cui continuerà ad essere vittima per sempre. L’uccisione dei cervi spezza con crudele realismo l’incantesimo della fiaba.

Il bambino restò pietrificato, invaso dal gelo, quando, ai piedi del muro della rimessa, scorse una testa di cervo con le sue corna. Rotolata nella polvere, la testa recisa era impregnata di nere macchie di sangue. Faceva pensare a uno di quei corpi di cui ci si sbarazza per non ingombrare la strada. Vicino alla testa erano sparse quattro zampe, con i loro zoccoli, recise al ginocchio. (…)
Le corna resistevano. Staccarle non era così semplice. Ormai completamente sbronzo, Orozkul tirava fendenti a sproposito, e questo lo faceva imbestialire. Dal ceppo, la testa rotolò a terra. Orozkul continuò a colpirla. Rimbalzava qua e là, e lui la inseguiva a colpi di scure. A ogni colpo il bambino sussultava, indietreggiando involontariamente, senza tuttavia riuscire a staccarsi da lì. Come in un incubo, era inchiodato a terra da una forza angosciosa e incomprensibile; restava immobile stupito, stupito che l’occhio vitreo e fisso di Madre cerva dalle ramose corna non si riparasse dalla scure, che le sue palpebre non battessero, non si chiudessero dallo spavento. Da un pezzo, ormai, la testa rotolava nel fango e nella polvere, ma l’occhio rimaneva limpido, sembrava ancora contemplare il mondo con lo stupore raggelato e muto nel quale l’aveva sorpreso la morte. Il bambino temeva che Orozkul la colpisse appunto negli occhi. (…)
Il cranio scricchiolava, schegge d’osso volavano da ogni parte. Un breve grido sfuggì dalle labbra del bambino quando la scure andò a colpire un occhio, con un taglio obliquo. Un liquido scuro e vischioso schizzò dall’orbita sfondata. L’occhio era morto, scomparso, svuotato.

Commento del gruppo lettori
Libro molto lirico e commovente che può essere letto come una fiaba, anche se molto triste, con un finale non certo consolatorio. Nei protagonisti, il nonno e il genero, si scontrano due mondi contrapposti: da una parte il mondo della tradizione che ha alle spalle cultura rispetto e poesia, dall’altra quello brutale che si basa su un potere che è predominio e prevaricazione, e che ha cancellato le proprie radici e la propria storia.
Il libro si può leggere anche come una denuncia politica del potere sovietico in una sperduta provincia russa, in cui domina la corruzione e l’omertà, e in cui l’ideologia si è svuotata di ogni significato per lasciare spazio alla pura burocrazia e all’individualismo dei più forti.. Il genero parla con un linguaggio rozzo e il bambino e il nonno un linguaggio mitico poetico L’uccisione dei cervi è l’epilogo del mondo antico: il bambino che ha subito ingiustizie e violenze, non riesce ad accettare l’uccisione degli innocenti che è per lui l’ingiustizia radicale.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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