Ferito - Percival Everett

>> sabato 22 gennaio 2011

Questo romanzo è un piccolo capolavoro di un autore poco noto in Italia ma identificato tra i più importanti scrittori emergenti americani. Ambientato nel West odierno e scritto in modo asciutto ed essenziale ricorda i romanzi di Cormac McCarthy da cui però se ne distacca per la molteplicità dei temi trattati all'interno di una storia che scorre semplice e senza forzature. Coinvolge e rende partecipi per come descrive le giornate ordinarie in fattoria e per come affronta il dolore non risolto del protagonista per la perdita tragica della moglie, la nascita di un nuovo amore, il razzismo (più o meno strisciate o esplicito nei confronti delle persone di colore e dei gay), il rapporto tra padre e figli. Di grande sensibilità e introspezione la descrizione delle reazioni del protagonista, eterosessuale, di fronte al bacio ricevuto da un altro uomo.

Il cavallo non dovrebbe prendere decisioni. Questa è la regola numero uno. La regola numero due è che le decisioni dovrebbe prenderle il cavaliere. Se il cavallo ti anticipa, rischi di restare indietro. È un vecchio proverbio. Quindi ogni tanto devi cambiare direzione al cavallo, rompere la routine, farlo passare in mezzo a dei espugli senza alcuna ragione apparente. Non lasciarlo partire al galoppo su una collina ripida.
Non appena l'addestratore vede che il cavallo che gli hanno affidato prova ad alzare il muso, deve mettergli la martingala da caccia. Se gli lascia sollevare il muso, allora è troppo tardi per mettere gli anelli.
[...]
"Ti piacciono i miei occhi, Hunt?", ha chiesto lei.
"Perché, pensi di avere gli occhi da mucca?".
"Ti piacciono?", ha chiesto di nuovo.
"Se ti dico che sono buoni e dolci, sembrerà che per me hai gli occhi da mucca", ho risposto. Dove stavo andando a parare?
"Ti piacciono?".
"Certo che mi piacciono, Morgan". Ho rovesciato indietro il cappello e l'ho guardata negli occhi. "Si può sapere che c'è?".
"Adoro Gus", ha detto lei, "ma non è per lui che vengo a trovarvi tanto spesso". Mi stava guardando dritto negli occhi., "Mi piacciono i tuoi occhi, John. Mi piacciono molto".
Mi sembrava quasi in preda al panico. "Eh, me ne sono accorto", ho detto io.
"Allora?".
"Allora cosa?".
"Sto perdendo tempo?".
"Cosa vuoi da me? " ,le ho chiesto. "Siamo amci, no?".
"Siamo amici", ha ripetuto Morgan. Era rassegnata. È smontata da cavallo, ha mollato le redini e si è allontanata di qualche passo.
Ho fatto passare la gamba destra sopra la sella e sono scivolato giù. "Morgan", le ho detto avvicinandomi lentamente. Le ho appoggiato le mani sulle spalle e l'ho fatta girare. In quel momento sembrava così docile e così stranamente fragile. "Lo so che ci è voluto un bel coraggio per dirlo".
"Hip hip, urrà. Appendimi una medaglia sulle tette che non guardi mai e vediamo chi rende gli onori".
"Senti, io sono molto attratto da te", le ho detto. "Davvero, Morgan. Ma ... lo so che non vuoi sentirtelo dire ... ma continuo a pensare ad altre cose".
"Susie è morta, Hunt".
[...]
Mentre riportavo il cavallo verso la stalla, ho pensato che il mio vecchio corpo non poteva permettersi tante altre cadute da cavallo. Mi ha preso un'ondata di panico e ho sentito il cavallo reagire: i muscoli possenti si sono tesi. Ho lasciato che il mio corpo si distendesse e il cavallo si è rilassato all'istante. Ho contratto i muscoli di proposito e non c'è stata reazione. Ho cercato di ripensare a quello che stavo pensando prima che Crimen schizzasse via. Mi era venuto in mente qualcosa di sgradevole, forse a proposito della morte di mia moglie, non ricordavo, ma di sicuro avevo pensato a qualcosa di brutto. Non riuscivo a credere che il cavallo potesse essersene accorto. Ho ripensato alla morte di Susie. Niente. Ho pensato di chiamare il fratello di Wallace Castelbury. Niente. Ho pensato di fare sesso con Morgan, e Crimen si è irrigidito. Ero incredulo. Avrei dovuto addestrare questo cavallo tollerare i cattivi pensieri del cavaliere.
[...]
Sono uscito dal negozio e forse stavo guardando altrove o non stavo guardando per niente perché sono andato a sbattere contro qualcuno. Mi sono scusato e poi ho visto la faccia ossuta di uno di quelli che avevano attaccato briga con David e Robert. L'ho riconosciuto subito. La faccia del compare lo seguiva a ruota.
"Guarda dove vai, negro", ha detto quello.
Io sono bello che cresciuto e ho una buona capacità di autocontrollo,così l'ho ignorato e sono andato alla jeep.
"Ho detto: 'Guarda dove vai, negro'.", ha ripetuto e mi ha rifilato una manata alla spalla.
Non mi sono disturbato a spiegare a quella creatura deforme che aveva scelto l'uomo sbagliato nel giorno sbagliato per dire la cosa sbagliata. Se l'avessi fatto, forse non sarebbe rimasto così sorpreso dal sinistro fulmineo che ho fatto partire, sparato da
una molla caricata per anni. La benda sulla mano si è arrossata di nuovo, ma questa volta il sangue non era il mio, peerché il naso di quell'idiota è esploso contro il mio cazzotto. Il suo amico scimmiesco mi si è avventato contro, ma sarà stato per lo sguardo iniettato di sangue o per il sangue che avevo sul pugno, fatto sta che si è bloccato. Quello più grosso ha guardato in faccia l'amico, poi mi ha guardato in cagnesco. Io mi sono sistemato il pacchetto sotto il braccio destro. "E dire che mi stava simpatico", ho detto e non mi sono mosso di un passo.
[...]
Dentro il recinto gli ho insegnato le nozioni base per tenere le redini. "Toccale il collo con le redini sul lato sinistro e andrà a destra. Non devi tirare. Il cavallo va dove punta il tuo ombelico. Punta l'ombelico verso la direzione che vuoi prendere, lascia andare le redini sul collo e via. Adesso, fai schioccare un bacio per lei e dalle una strizzatina con le caviglie".
[...]
Mentre tornavamo, ho pensato a David. Era sciocco che quel bacio in un momento di delirio dovesse far sentire me o lui in modo strano, ma ovviamente era cosÌ. Cercavo di convincermi che l'essere stato baciato da un uomo non mi aveva fatto né caldo né freddo. Forse mi sforzavo anche troppo e quello sforzo mi faceva sentire strano almeno quanto il bacio in sé. David mi stava a cuore. Avrei potuto dire "come un figlio", ma non era mio figlio.
Prima del bacio, se qualcuno me l'avesse chiesto, avrei potuto ammettere che gli volevo bene. Adesso quelle parole, quel sentimento, erano più confusi. La cosa che mi dava più fastidio di quel bacio era che non mi aveva dato fastidio: era un gesto di affetto e quell'affetto l'avevo percepito. Ma era anche qualche altra cosa, perché era avvenuto alla cieca, nel buio della caverna e nello stato confusionale di David.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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