L’eleganza del riccio – Muriel Barbery

>> domenica 28 marzo 2010


E’ un libro costruito su due personaggi principali che non sono credibili: una portinaia autodidatta più erudita di un professore universitario e una dodicenne più matura di sua madre e di tante donne navigate e smaliziate.
Ma nonostante tutto mi è piaciuto. E Molto.
Perché è stimolante per il lessico (vario, impegnativo ma senza costringerti al vocabolario) e per gli argomenti filosofici ed esistenziali che affronta. Ha una prosa fluida in cui ogni parola ha il posto giusto, ti prende per mano e ti porta dove vuole. L’autrice, che è insegnante di filosofia, è stata furba: è riuscita a creare un mix con due piani di lettura diversi, capace di coinvolgere  sia chi cerca la storia intesa come vicende di persone sia chi vuole ritrovare in un libro qualcosa di più profondo legato a riflessioni sulla vita, i modi di essere, i comportamenti.
P.S.
Approfondendo il discorso sulla cultura francese, ho scoperto che la Francia è uno dei pochi paesi al mondo che richiede agli studenti della scuola secondaria di dimostrare una solida conoscenza delle teorie filosofiche prima di poter accedere all’università. All’esame di maturità, infatti, i ragazzi devono rispondere a quesiti difficili (es. Le passioni ci impediscono di compiere il nostro dovere? Può la richiesta di giustizia essere separata dalla richiesta di libertà?,…). La conseguenza di questa impostazione dell’esame è che molti studenti sviluppano una vera e propria passione per la filosofia che rimarrà per tutta la vita e li porterà a parlarne anche in luoghi inconsueti come i bar. A partire dal 1992 sono nati in Francia una serie di luoghi chiamati caffè filosofici it.wikipedia.org/wiki/Caffè_filosofico dove si discute di filosofia.  Il più famoso è il Cafè des Phares a Parigi. Tale iniziativa sembra stia prendendo piede anche in Italia (Crema, Rossano Calabro, San Benedetto del Tronto).

"Chi semina desiderio raccoglie oppressione" sono sul punto di mormorare, come se mi ascoltasse solo il mio gatto. Ma Antoine Pallières, a cui un ripugnante aborto di baffi non conferisce invece niente di felino, mi guarda, confuso dalle mie strane parole. Come sempre, mi salva l'incapacità del genere umano di credere ciò che manda in frantumi gli schemi di abitudini mentali meschine. Una portinaia non legge L'ideologia tedesca e di conseguenza non sarebbe affatto in grado di citare l'undicesima tesi su Feuerbach. Per giunta, una portinaia che legge Marx ha necessariamente mire sovversive ed è venduta a un diavolo chiamato sindacato. Che possa leggerlo per elevare il proprio spirito, poi, è un'assurdità che nessun borghese può concepire.
"Mi saluti tanto la sua mamma" borbotto chiudendogli la porta in faccia e sperando che la disfonia delle due frasi venga coperta dalla forza di pregiudizi millenari.
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Ho letto tanti libri…Eppure, come tutti gli autodidatti, non sono mai sicura di quello che ho capito. Un giorno mi sembra di abbracciare con un solo sguardo la totalità del sapere, come se all’improvviso invisibili ramificazioni nascessero, e intrecciassero fra loro tutte le mie letture sparse – poi subito il senso scivola via, l’essenziale mi sfugge, e per quanto rilegga le stesse righe ogni volta mi appaiono più inafferrabili, mentre io mi vedo come una vecchia pazza che crede di avere la pancia piena soltanto perché ha letto attentamente il menù. Pare che questa compresenza di talento e cecità sia il tratto distintivo dell'autodidatta. Pur privando il soggetto della guida sicura che ogni buona formazione fornisce, gli dona tuttavia libertà e capacità di sintesi del pensiero, laddove i discorsi ufficiali frappongono barriere e vietano l'avventura.
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(Pensiero profondo n° 3)
È una cosa terribile, perché in definitiva siamo soltanto dei primati programmati per mangiare, dormire, riprodurci, conquistare e rendere sicuro il nostro territorio, e quelli più tagliati per queste cose, i più animaleschi tra noi, si fanno sempre fregare dagli altri, cioè da quelli che parlano bene ma che non saprebbero difendere il loro giardino, portare a casa un coniglio per cena o procreare come si deve. Gli uomini vivono in un mondo in cui sono i deboli a dominare. È un terribile oltraggio alla nostra natura animale, una specie di perversione, di contraddizione profonda.
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Il francese con questa prof si riduce a una lunga serie di esercizi meccanici, sia di grammatica che di analisi testuale. Con lei sembra che i testi siano stati scritti per poter identificare i personaggi, il narratore, i luoghi, il plot, i tempi del racconto, ecc. Penso che non le sia mai venuto in mente che prima di tutto un testo è scritto per essere letto e per suscitare delle emozioni nel lettore. Pensate un po', non ci ha mai chiesto: "Vi è piaciuto questo brano/libro?". Eppure è l'unica domanda che potrebbe dare un senso allo studio dei punti di vista della narrazione o della costruzione del racconto... Per non parlare del fatto che, secondo me, le menti degli alunni delle scuole medie sono più disponibili alla letteratura rispetto a quelle dei liceali o degli universitari. Mi spiego: alla nostra età, basta che ci raccontino qualcosa con passione, toccando le corde giuste (quelle dell'amore, della rivolta, della sete di novità ecc.) e il gioco è fatto
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Io credo che la grammatica sia una via d'accesso alla bellezza. Quando parliamo, quando leggiamo o quando scriviamo, ci rendiamo conto se abbiamo scritto o stiamo leggendo una bella frase. Siamo capaci di riconoscere una bella espressione o uno stile elegante. Ma quando si fa grammatica, si accede a un'altra dimensione della bellezza della lingua. Fare grammatica serve a sezionarla, guardare com'è fatta, vederla nuda, in un certo senso.
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Nella nostra società essere povera, brutta e per giunta intelligente condanna a percorsi cupi e disillusi a cui è meglio abituarsi quanto prima. Alla bellezza si perdona tutto, persino la volgarità. E l'intelligenza non sembra più una giusta compensazione delle cose, una sorta di riequilibrio che la natura offre ai figli meno privilegiati, ma solo un superfluo gingillo che aumenta il valore del gioiello. La bruttezza, invece, di per se è sempre colpevole, e io ero già votata a quel tragico destino, reso ancora più doloroso se si pensa che non ero affatto stupida.
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Io ho capito molto presto che la vita passa in un baleno guardando gli adulti attorno a me, sempre di fretta, stressati dalle scadenze, così avidi dell’oggi per non pensare al domani… In realtà temiamo il domani solo perchè non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perchè domani finisce sempre per diventare oggi, non so se ho reso l’idea.
Quindi non bisogna affatto dimenticare. Occorre vivere con la certezza che invecchieremo e che non sarà né bello né piacevole né allegro. E ripetersi che ciò che conta è adesso: costruire, ora, qualcosa, a ogni costo, con tutte le nostre forze. Avere sempre in testa la casa di riposo per superarsi continuamente e rendere ogni giorno imperituro. Scalare passo dopo passo il proprio Everest personale, e farlo in modo tale che ogni passo sia un pezzetto di eternità.
Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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