Uomini che odiano le donne - Stieg Larsson

>> venerdì 4 marzo 2011


Ottimo thriller che ho apprezzato molto per il ritmo serrato e il perfetto gioco ad incastro dei vari filoni narrativi. Fortemente caratterizzati e originali i personaggi, in particolare la protagonista femminile per la sua natura di bizzarro incrocio tra un genio e una disadattata sociale. Scritto con uno stile "cinematografico" per la grande capacità di visualizzare le situazioni, mi ha ricordato i film Blow Up di Antonioni e I misteri del Giardino di Compton House di Greenway quando, tramite la lettura attenta delle immagini fotografiche, si entra nel vivo delle indagini su un crimine commesso trent'anni prima. L'autore del libro, prematuramente scomparso poco dopo aver terminato la trilogia di romanzi di cui questo ne è il capostipite, è stato impegnato in prima persona in campagne contro le discriminazioni razziali e  la violenza alle donne. Nel libro questa sua indole è alla base di tutta la costruzione della trama e sono convinto rimarrà nell'immaginario collettivo la descrizione della vendetta della ragazza stuprata nei confronti del suo aguzzino.

L'avvocato Nils Bjurman soffriva. I suoi muscoli erano inservibili. Il corpo era come paralizzato. Non era sicuro di aver perso conoscenza, ma era disorientato e non ricordava esattamente che cosa fosse accaduto. Quando riprese lentamente il controllo del proprio corpo, scoprì di essere steso supino sul suo letto, nudo, con i polsi bloccati dalle manette e le gambe dolorosamente divaricate. Aveva segni di bruciature che dolevano nei punti in cui gli elettrodi erano venuti a contatto con la pelle.
Lisbeth Salander aveva portato la poltroncina di vimini accanto al letto e aspettava paziente, con gli stivali appoggiati sulle coperte, fumando una sigaretta. Quando Bjurman cercò di parlare si rese conto di avere la bocca sigillata con un largo nastro adesivo. Girò la testa. La ragazza aveva tirato fuori i cassetti rovesciandone il contenuto.
«Ho trovato i tuoi gingilli» disse. Sollevò un frustino e indicò la collezione di falli, morsi e maschere di gomma sul pavimento. «A cosa dovrebbe servire questo aggeggio?» Mostrò un grosso fallo anale. «No, non cercare di parlare - in ogni caso non ti sentirei. È questo che hai usato su di me la scorsa settimana? È sufficiente che annuisci.» Si chinò speranzosa su di lui.
Nils Bjurman si sentì invadere da un'ondata improvvisa di gelido terrore e perse la testa. Cominciò a strattonare le catene che gli bloccavano le mani. Lei aveva preso il controllo. Impossibile. Non poté fare nulla quando Lisbeth Salander si piegò in avanti e piazzò il fallo fra le sue natiche. «Dunque sei un sadico» constatò lei. «Ti piace infilare roba nella gente, eh?» Lo fissò. Il suo viso era una maschera senza espressione. «Senza lubrificante, eh?» Bjurman strillò attraverso il nastro adesivo quando Lisbeth Salander gli allargò brutalmente le natiche e applicò il fallo dove andava applicato.
«Piantala di frignare» disse Lisbeth Salander, imitando la sua voce. «Se fai storie, ti dovrò punire.»
Si alzò e girò intorno al letto. Lui la seguì con la disperazione nello sguardo... che cavolo... Lisbeth Salander aveva trasportato lì il suo televisore da trentadue pollici dal soggiorno. Sul pavimento aveva sistemato il suo lettore. La ragazza lo guardò, ancora con in mano la frusta.
«Ho tutta la tua attenzione?» domandò. «Non cercare di parlare - è sufficiente se annuisci. Senti quello che dico?» Lui annuì. «Bene.» Si chinò e raccolse da terra il suo zainetto. «Lo riconosci?» Lui annuì. «È lo zaino che avevo quando sono venuta qui la settimana scorsa. Oggetto pratico. L'ho preso in prestito dalla Milton Security.» Aprì una cerniera lampo sul bordo inferiore. «Questa è una videocamera digitale. Guardi mai Insider alla tv? È uno zainetto così che certi schifosi reporter usano quando vogliono filmare qualcosa di nascosto.» Chiuse di nuovo la cerniera lampo.
«E l'obiettivo?, ti domanderai. È proprio lì la finezza. Grandangolo con fibre ottiche. L'occhio somiglia a un bottone e sta nascosto nella fibbia della tracolla. Forse ricordi che piazzai lo zaino qui sul tavolino prima che tu cominciassi a palpeggiarmi. Feci molta attenzione che l'obiettivo fosse puntato sul letto.»
Tirò fuori un cd e lo infilò nel lettore. Quindi sistemò la poltroncina in modo da poter vedere lo schermo della tv. Si accese un'altra sigaretta e premette un pulsante del telecomando. L'avvocato Bjurman vide se stesso aprire la porta a Lisbeth Salander.
Non hai nemmeno imparato a leggere l'ora? salutò arcigno.
Gli fece vedere tutto il nastro. Il film terminò dopo novanta minuti, nel bel mezzo di una scena in cui un Bjurman nudo era seduto sul letto a bere un bicchiere di vino mentre osservava Lisbeth Salander che giaceva rannicchiata con le mani incatenate dietro la schiena.
Lei spense la tv e rimase seduta in silenzio per quasi dieci minuti senza guardarlo. Bjurman non osava muoversi nemmeno di un millimetro. Poi lei si alzò e andò in bagno. Quando fece ritorno si risedette sulla poltroncina di vimini. La sua voce era come carta vetrata.
«Ho fatto un errore, la settimana scorsa» disse. «Credevo che sarei stata
costretta a succhiartelo di nuovo, il che nel tuo caso è maledettamente disgustoso, ma non fino al punto di impedirmi di farlo. Credevo che senza troppa fatica avrei potuto procurarmi una documentazione sufficiente per dimostrare che sei un vecchio porco schifoso. Avevo sbagliato a giudicarti. Non avevo capito quanto tu sia profondamente malato.»
«Ti parlerò chiaro» continuò. «Questo film mostra come tu violenti una minorata mentale venticinquenne della quale sei stato nominato tutore. E non t'immagini quanto mentalmente minorata io possa essere all'occorrenza. Qualsiasi persona che vedrà questo nastro scoprirà che non solo sei un verme, ma anche un sadico folle. Questa è la seconda e spero anche l'ultima volta che guardo questo film. È molto istruttivo, vero? La mia supposizione è che sei tu e non io a rischiare di essere istituzionalizzato. Sei d'accordo?»
Rimase in attesa. Lui non reagiva, ma lei poteva vedere che stava tremando. Afferrò la frusta e gli sferzò in pieno i genitali.
«Sei d'accordo?» ripeté a voce molto più alta. Lui annuì.
«Bene. Allora questo punto l'abbiamo sistemato.» Avvicinò la poltroncina di vimini e si sedette in modo da poterlo guardare negli occhi.
«Allora, cosa pensi che dobbiamo fare adesso?» Lui non poté rispondere. «Hai qualche buona idea?» Visto che lui non reagiva, lei tese la mano e gli afferrò lo scroto e tirò finché il suo volto non si deformò dal dolore. «Hai qualche buona idea?» ripeté. Lui scosse la testa.
«Bene. Infatti finirò per irritarmi moltissimo con te se mai ti verrà qualche idea in futuro.»
Si lasciò andare contro lo schienale e si accese un'altra sigaretta. «Ora ti spiego che cosa succederà. La prossima settimana, non appena sarai riuscito a espellere quel tappo di gomma ipertrofico dal culo, darai istruzioni alla mia banca che io - e io soltanto - abbia accesso al mio conto. Capisci quello che sto dicendo?» L'avvocato Bjurman annuì.
«Bravo. Tu non prenderai mai più contatto con me. In futuro ci incontreremo soltanto se e quando sarò io a volerlo. Dunque ti è stato imposto il divieto di visita.» Lui assentì ripetutamente e tirò il fiato. Non ha intenzione di uccidermi. «Se mai dovessi prendere di nuovo contatto con me, copie di questo cd finiranno in ogni singola redazione di giornale di Stoccolma. Capito?»
Lui annuì più volte. Devo mettere le mani su quel filmato. «Una volta all'anno consegnerai la tua relazione sul mio status all'ufficio tutorio. Riferirai che conduco un'esistenza assolutamente normale, che ho un lavoro fisso, che bado a me stessa e che ritieni che non ci sia nulla di anormale nel mio comportamento. Okay?» Lui assentì. «Ogni mese redigerai un rapporto fasullo sui tuoi incontri con me. Racconterai diffusamente quanto io sia positiva e quanto mi sappia ben gestire. Mi invierai copia del rapporto tramite posta. Capito?» Lui annuì di nuovo. Lisbeth Salander notò distrattamente le gocce di sudore che gli avevano imperlato la fronte.
«Fra qualche anno, diciamo un paio, presenterai richiesta al tribunale perché la mia dichiarazione di incapacità giuridica sia annullata. A supporto, userai i tuoi rapporti fasulli dei nostri incontri mensili. Dovrai procurarti uno psichiatra che dichiari sotto giuramento che io sono perfettamente normale. Dovrai metterci molto impegno. Farai tutto, ma proprio tutto ciò che è in tuo potere perché io diventi legalmente capace.» Lui assentì. «Sai perché farai del tuo meglio? Perché hai un motivo maledettamente buono. Se fallirai, io infatti renderò pubblico questo video.» Lui ascoltava con attenzione ogni singola sillaba pronunciata da Lisbeth Salander. D'un tratto i suoi occhi lampeggiarono d'odio. Decise che la ragazza stava facendo un errore, a lasciarlo vivo. Tutto questo te lo farò ingoiare, brutta troia. Prima o poi. Ti schiaccerò. Ma continuò ad annuire con entusiasmo in risposta a ogni sua domanda.
«Lo stesso dicasi se prenderai contatto con me.» Si passò la mano sulla gola. «Addio a questo appartamento e ai tuoi bei titoli e ai tuoi milioni su quel conto all'estero.»
Gli occhi di lui si dilatarono quando sentì menzionare il denaro. Come cazzo faceva a sapere...
Lei sorrise e tirò una boccata profonda di fumo. Poi spense la sigaretta lasciandola cadere sulla moquette e schiacciandola sotto il tacco. «Voglio le tue chiavi di riserva sia di qui sia del tuo ufficio.» Lui aggrottò le sopracciglia. Lei si chinò in avanti e fece un sorriso beato.
«D'ora in avanti avrò il controllo della tua vita. Quando meno te lo aspetti, magari mentre sei a letto a dormire, potrei materializzarmi qui nella tua stanza con questa in mano.» Sollevò la pistola elettrica. «Ti terrò sotto controllo. Se mai dovessi trovarti di nuovo in compagnia di una ragazza - e a prescindere dal fatto che lei sia consenziente oppure no -, se mai dovessi trovarti in compagnia di una donna in generale...» Lisbeth Salander si passò di nuovo la mano di traverso alla gola.
«Se io dovessi morire... se mi dovesse succedere un incidente, tipo essere investita da una macchina o altro... copie del video verranno inviate per posta a tutti i giornali. Più una storia dettagliata dove racconto com'è avere te per tutore.» «Ancora una cosa» continuò. Si chinò in avanti in modo che il suo volto fosse solo a qualche centimetro da quello di lui. «Se mai dovessi sfiorarmi di nuovo, ti ammazzo. Credimi sulla parola.» L'avvocato Bjurman non ebbe nessuna difficoltà a crederle. Non c'era spazio per nessun bluff, in quegli occhi. «Ricordati che io sono pazza.» Lui annuì. Lei lo guardò con aria pensierosa. «Non credo che tu e io diventeremo buoni amici» disse Lisbeth Salander con voce grave. «In questo preciso momento tu ti stai congratulando con te stesso perché sono abbastanza pazza da lasciarti vivere. Pensi di avere il controllo, nonostante tu sia mio prigioniero, perché sei convinto che l'unica cosa che posso fare se non ti uccido è lasciarti andare. Perciò sei pieno di speranza di poter presto riacquistare il tuo potere su di me. O sbaglio?»
Lui scosse la testa, colto improvvisamente da cattivi presentimenti.
«Riceverai un regalo da me, in modo che ti ricordi del nostro accordo.»
La ragazza fece un sorriso storto e si arrampicò sul letto mettendosi in ginocchio fra le sue gambe. L'avvocato Bjurman non capiva che cosa avesse voluto dire, ma d'un tratto provò un terrore acuto.
Poi vide l'ago nella sua mano. Sbatté la testa di qua e di là e cercò di contorcersi finché lei non gli piazzò un ginocchio contro l'inguine e premette in un gesto di avvertimento. «Sta' fermo. È la prima volta che uso questo aggeggio.» Lavorò concentrata per due ore. Quando ebbe terminato, lui aveva smesso di lamentarsi. Sembrava quasi piombato in uno stato di apatia. Lei scese dal letto, piegò la testa di lato e osservò la sua opera con occhio critico. Il suo talento artistico era piuttosto limitato. Le lettere tremolavano e il tutto aveva un che di impressionista. Aveva utilizzato il rosso e il blu per tatuare il messaggio, che era scritto in maiuscolo su cinque righe che gli coprivano tutto l'addome, dai capezzoli fin giù, appena sopra i genitali: IO SONO UN SADICO PORCO, UN VERME E UNO STUPRATORE.
Lei radunò gli aghi e ripose le cartucce dei colori nello zaino. Poi andò in bagno a lavarsi le mani. Quando tornò in camera da letto, scoprì di sentirsi decisamente meglio.
«Buona notte» disse.
 [...]
 Non c'era niente di drammatico nell'immagine di una folla alla sfilata della Giornata dei bambini in centro a Hedestad diverse ore prima degli eventi fatali.
Molto probabilmente Henrik Vanger aveva guardato la fotografia mille volte, pensando con rimpianto che non avrebbe mai più rivisto la ragazza. E molto probabilmente si era irritato che fosse stata presa così da lontano da rendere Harriet solo una persona in un mare di gente.
Ma non era a quello che Mikael aveva reagito.
La foto era stata scattata dall'altra parte della strada, forse da una finestra al secondo piano. Il grandangolo aveva catturato uno dei carri della sfilata. Sul cassone erano in piedi alcune donne in luccicanti costumi da bagno e pantaloni da odalisca che gettavano caramelle al pubblico. Alcune di loro sembravano danzare. Davanti al carro si esibivano tre pagliacci.
Harriet era in piedi in prima fila fra il pubblico che fiancheggiava il marciapiede. Accanto a lei c'erano tre delle sue compagne di scuola e tutt'intorno almeno un centinaio di altri abitanti di Hedestad.
Era questo che Mikael inconsciamente aveva notato e che d'improvviso gli era balenato alla mente quando l'autobus era passato proprio davanti al punto dove era stata scattata la foto.
Il pubblico si comportava come è giusto che faccia. Gli occhi di tutti seguono sempre la pallina durante una partita di tennis o il dischetto su un campo da hockey. Quelli che stavano più a sinistra nella foto guardavano i pagliacci che erano proprio di fronte a loro. Quelli più vicini al carro puntavano lo sguardo sul cassone con le ragazze discinte. Le loro espressioni erano divertite. I bambini indicavano con il dito Alcuni ridevano. Tutti apparivano allegri. Tutti tranne una persona. Harriet Vanger guardava di lato. Le sue tre compagne di scuola e tutti quelli che aveva intorno guardavano i pagliacci. Il volto di Harriet invece era girato di trenta o trentacinque gradi verso destra. Il suo sguardo sembrava fisso su qualcosa dall'altro lato della strada, ma fuori dell'angolo in basso a sinistra della fotografia. Mikael prese la lente d'ingrandimento e cercò di distinguere i dettagli. La foto era stata scattata da troppo lontano perché potesse esserne perfettamente sicuro, ma a differenza di tutti quelli che la circondavano Harriet aveva il volto pietrificato. La bocca era ridotta a una linea sottile. Gli occhi erano sgranati. Le mani erano abbandonate lungo il corpo.
Sembrava spaventata. Spaventata oppure arrabbiata.
[...]
La prima scoperta riguardava il volto alla finestra di Harriet. L'immagine era un po' mossa, e per questo era stata scartata nella selezione originaria. Il fotografo si era appostato sulla salita della chiesa e aveva puntato l'obiettivo sul ponte. Gli edifici erano sullo sfondo. Mikael tagliò la foto in modo da avere solo la finestra in questione e quindi fece qualche tentativo aggiustando il contrasto e aumentando la nitidezza, finché riuscì a ottenere quella che giudicava la massima qualità possibile. Il risultato era un'immagine sgranata con una scala di grigi minimale, che mostrava una finestra rettangolare, una tenda, parte di un braccio e una vaga mezzaluna di volto un po' all'interno della stanza. Poté constatare che il viso non apparteneva a Harriet Vanger, che aveva i capelli corvini, ma a una persona dai capelli molto più chiari. Constatò anche che poteva distinguere dei punti più scuri in corrispondenza di occhi, naso e bocca, ma che era impossibile ottenere dei lineamenti precisi. Ma era convinto di vedere una donna; la parte più chiara a fianco del viso continuava fino all'altezza delle spalle e lasciava supporre una capigliatura femminile. Poté anche constatare che la persona indossava abiti chiari. Valutò la statura della persona in relazione alla finestra; era una donna alta circa centosettanta centimetri. Quando cliccò sulla seconda immagine dell'incidente sul ponte, poté constatare che una persona corrispondeva perfettamente ai connotati che aveva potuto rilevare.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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