La Rosa dei Venti e il segreto del Monte Rosso - Piero Fabris

>> lunedì 15 agosto 2011

Il valore di questo libro risiede nelle descrizioni delle origini di alcune tradizioni e di luoghi storici di Bari. Per il resto è una fiaba (o meglio due fiabe che occupano due grossi capitoli, antefatto e fatto), poco coinvolgente, fiacca e un pò sgangherata. Vi sono innesti di episodi, come la lotta con il lupo mannaro, che non portano alcun valore aggiunto alla storia se non contraddire la figura dell'esile protagonista che si rivela un atleta capace di rompere le mascelle alla bestia e riprendersi miracolosamente da morsi e graffi come se nulla fosse accaduto. Un ulteriore grosso difetto, infine, è nella scrittura: tanto è stato bravo Pennacchi nel suo Canale Mussolini ad usare il linguaggio per caratterizzare i personaggi legandoli indissolubilmente alle loro origini, tanto è incapace Fabris con il suo lessico ricercato e asettico nel collegare i personaggi al territorio, rendendoli avulsi dal contesto. L'uso limitatissimo del dialetto barese (poche parole che si contano sulle dita: tiella, luponne, sgagliozze... ) e l'italianizzazione dei soprannomi e delle frasi degli abitanti del centro storico di Bari ha probabilmente la pretesa di rendere più commestibile una storia molto esile anche a lettori non autoctoni. Purtroppo sortisce l'effetto opposto ed evidenzia solo i limiti di quella che poteva essere un'operazione culturale interessante.

L'oste era sicuro che il giovane forestiero sarebbe passato dalle sue parti e si impegnò davanti ai fornelli per preparare "orecchiette ai broccoletti di rapa con alici salate".
Lavò e pulì le rape accuratamente, le mise a cuocere in molta acqua salata e a metà cottura aggiunse le orecchiette. A parte, in una padella con l'olio fece cuocere le alici, che aveva lavato e diliscato, sino a quando non gli sembrò di vederle disfarsi.
Quello doveva essere il miglior piatto di orecchiette ai broccoli di rapa che l'avrebbe consacrato ai suoi occhi miglior cuoco della città; scolò bene le orecchiette e le rape e le versò nei piatti. Versò la salsa di alici, aggiunse il pepe e mescolò.
[...]
Giuseppe era seduto vicino al Fortino di Sant'Antonio, un vento gelido spingeva le nuvole una sull'altra. Incurante del tempo che scorreva, in un abito d'angoscia, scrutava le onde dalle quali sbocciavano gabbiani.
La luna apparve silenziosa, avvolta in un'aurea multicolore, le stelle erano lampade che si dondolavano attaccate alla volta celeste. La notte si fece azzurra e improvviso il mare si scatenò in una tempesta capace di afferrare la luna.
Tra le reti d'acqua salata e le scudisciate dle vento Giuseppe precipitò tra schiuma e scogli; sicuro di morire si lasciò sbattere come un relitto, un vortice di alghe lo inghiottì precipitandolo nelle viscere della terra.

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Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

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