Ottimo lavoro, professore - David Lodge
>> sabato 8 settembre 2012
Due mondi completamente diversi che si incontrano: lei insegnante femminista, emancipata, indipendente, idealista, lui ingegnere, amministratore delegato di un'azienda meccanica, pratico ed efficiente. Saranno costretti a condividere le giornate lavorative a causa di un insensato progetto del governo inglese. I contrasti iniziali man mano si smorzano e poco per volta, conoscendosi, iniziano ad apprezzarsi. Ma come quasi sempre accade nelle coppie in cui è la donna dominante, l'uomo non può che soccombere. Permeato da una sottile e amara ironia che avvolge i personaggi e le situazioni, è un libro che si legge veramente con piacere. E l'autore è molto bravo nel descrivere sia il mondo universitario che le dinamiche tipiche aziendali. Lo sfondo è l'Inghilterra grigia di metà degli anni ottanta governata
dalla Tatcher con pugno di ferro e rigore nella somministrazione di
fondi alle amministrazione pubbliche e alle aziende private che devono lottare per sopravvivere. Bella la citazione che
sintetizza il confronto tra Inghilterra e Germania quando i due sono in viaggio a Francoforte e rimangono affascinati dalla pulizia e dall'efficienza dei tedeschi che contrasta con il decadimento del loro paese: "noi abbiamo vinto la guerra, ma perso la pace".
"Da' un'occhiata," fece Brian Everthorpe.
Vic esitò, poi sali con un balzo sul mobile. Avvicinò l'occhio al buco nella vernice e guardò, come attraverso un telescopio fisso e messo a fuoco, la giovane donna seduta sul fondo della sala. Aveva i capelli color rame, tagliati corti sulla nuca come quelli di un ragazzo, mentre sul davanti formavano un ciuffo sbarazzino di riccioli che ricadeva sulla fronte. Se ne stava seduta a suo agio sul divano, in pantaloni e stivali, con le lunghe gambe incrociate all'altezza delle caviglie, ma l'espressione del viso era annoiata e altera.
[...]
Brian Everthorpe spalancò la porta dell'ufficio di Vic Wilcox e, con un ampio gesto della mano, fece passare Robyn. "Il dottor Penrose," annunciò con un ghigno.
L'uomo che da dietro la scrivania di legno lucido, in fondo alla stanza, si Ìevò in piedi e si avvicinò per stringerle la mano era più piccolo e aveva un aspetto più comune di quanto lei si aspettasse. Il termine "amministratore delegato" aveva suggerito alla sua immaginazione una figura più imponente e pingue, con le guance imporporate, i capelli d'argento, il busto grassoccio vestito con un completo elegante dal taglio perfetto, con il fermacravatte, i gemelli d'oro e un grosso sigaro stretto tra le dita ben curate. L'uomo davanti a lei, invece, era tarchiato e vigoroso, come un terrier dalle gambe corte. Il suo viso era pallido e teso; due rughe verticali di. preoccupazione e gli solcavano la fronte al disopra del naso; la ciocca di capelli neri e lisci che gli ricadeva sulla fronte non aveva evidentemente mai ricevuto le cure di un barbiere esperto. Era in maniche di camicia, e questa non gli andava per niente a pennello, visto che era lunga di maniche come se fosse stato un ragazzino con gli abiti acquistati "a crescenza". Robyn quasi sorrise di sollievo, mentre valutava la figura che le andava incontro. Già immaginava la descrizione che ne avrebbe fatto a Charles o a Penny - "un ometto buffo"- tuttavria il vigore della sua stretta di mano e la luce che brillava nei suoi occhi castani, le consigliarono di non sottovalutarlo.
[...]
"Noi, per l'esame di maturità, abbiamo preparato il Giulio Cesare," la interruppe Wilcox. "Dovevamo impararne a memoria brani interi. Lo detestavo. L'insegnante era uno del Sud con la puzza sotto il naso, che ci rompeva l'anima ... Ci prendeva in giro per il nostro accento."
"Il mio campo di studi è il romanzo del XIX secolo," spiegò Robyn. Poi aggiunse: "E gli studi femminili."
"Studi femminili?" fece eco Wilcox, aggrottando la fronte.
"Di che si tratta?"
"Oh, donne scrittrici... E come venivano rappresentate le donne nella letteratura. Teoria critica femminista."
Wilcox tirò su con il naso. "Date una laurea per cose del genere?"
"È solo un corso nel piano di studi," ribatté Robyn irrigidendosi.
"E facoltativo."
"Robetta da poco, se vuole la mia opinione," osservò Wilcox. "Però immagino che vada bene per le ragazze."
. "Lo seguono anche i ragazzi," insistette Robyn. "E la quantità di matenale da leggere è piuttosto notevole, in realtà."
" "Ragazzi?" ripeté Wilcox, arricciando il labbro superiore. "Femminucce."
"Giovanotti assolutamente normali, seri, intelligenti," rispose la ragazza, sforzandosi di mantenere la calma.
"Perché allora non studiano qualcosa di utile?"
"Come ingegneria meccanica?"
"L'ha detto!"
Robyn sospirò. "Devo davvero spiegarglielo?"
"No, se non lo desidera."
"Perché loro sono più interessati alle idee, ai sentimenti, piuttosto che alle macchine e al loro funzionamento."
"Le idee e i sentimenti, però, non servono per pagare l' affitto."
"Allora l'unico criterio di valutazione è il denaro!"
"Non ne conosco uno migliore."
"E che ne è della felicità?"
"La felicità?" Wilcox parve sorpreso, come se si sentisse sconcertato per la prima volta.
"Sì. Io non guadagno molto, ma sono felice del mio lavoro. O almeno lo sarei, se avessi la sicurezza di non perderlo."
"Perderlo, perché?
Quando la ragazza gli ebbe spiegato la sua situazione, Wilcox parve più colpito dal fatto che i suoi colleghi fossero inamovibili che dalla vulnerabilità della posizione di lei. "Lei intende dire che hanno il lavoro assicurato per tutta la vita?" chiese.
"Be', sì. Ma il governo vuole abolire il sistema delle cattedre a vita, in futuro."
"Direi proprio che dovrebbe farlo!"
"Ma avere la cattedra permanente è essenziale!" esclamò Robyn. E l'unica garanzia di libertà accademica. E uno del principi per cui abbiamo fatto la dimostrazione la settimana scorsa."
"Un momento ... Un momento," disse Wilcox. "Lei dimostrava in favore del diritto degli altri professori di avere un impiego a vita?"
"In parte," rispose la giovane donna.
"Ma se sono inamovibili, non ci sarà mai posto per lei, nonostante possa essere molto più brava di loro come insegnante."
Questo pensiero aveva già attraversato la mente di Robyn in precedenza, ma lei lo aveva scacciato, considerandolo ignobile.
"È il principio che conta," rispose. "Inoltre, se non fosse per i tagli, a quest'ora avrei già avuto un incarico permanente. Bisognerebbe far iscrivere più studenti, non meno."
"Lei pensa che le università debbano espandersi all'infinito?"
"Non all'infinito, ma ... "
"Abbastanza per accogliere tutti quelli che vogliono occuparsi di studi femminili?"
"Se proprio vuole metterla in questo modo, sì!" ribatté Robyn, in tono di sfida.
"Chi paga?"
"Lei continua ricondurre tutto al denaro."
"È ciò che si impara nel mondo degli affari. 'Non esiste qualcosa come un pasto gratuito.' Chi l'ha detto?"
Robyn scrollò le spalle. "Non lo so. Qualche economista di destra, suppongo."
"Chiunque fosse, aveva la testa ben piantata sulle spalle. Io l'ho letto non so dove, sul giornale. 'Non esiste qualcosa come un pasto gratuito."' Fece di nuovo quella risata roca che sembrava un latrato. "Qualcuno deve pur sempre pagare il conto."
Lanciò un'occhiata all'orologio. "Be', suppongo che sia meglio che la porti a visitare la fabbrica. Mi dia solo qualche minuto, per favore." Si alzò, afferrò la giacca e se la infilò.
[...]
i mobili un po' logori, che poggiavano su gambe volte all'nfuori, le stesse riviste commerciali sparse sui tavolini bassi, gli stessi pezzi lucidati di macchinari (cosi perlomeno sembrava all'occhio inesperto di Robyn) in custodie polverose da esposizione, la stessa permanente. sulle teste delle segretarie, compresa quella che, lanciando occhiate curiose a Robyn, li accompagnò nell'ufficio di Norman Cole. Come quello di Wilcox, anche questo era un ampia stanza incolore, con una scrivania manageriale da un lato e, dall'altro, un tavolo lungo per le riunioni a cui lui li invitò a sedere. Cole era un uomo corpulento e calvo, che sbatteva continuamente le palpebre dietro gli occhiali e fumava la pipa, anzi picchiava, raschiava, soffiava, succhiava e spesso metteva fiammiferi accesi sopra una pipa ma, quanto al fumo, da tutta questa attività ne ricavava ben poco. Emanava invece una falsa aria di bonomia.
"Ah, ah, ah!" esclamò, dopo che Wilcox gli ebbe spiegato la presenza di Robyn. "Fingerò di crederci, Vic. Molti altri non lo farebbero."
Si voltò poi verso Robyn. "E lei che cosa fa all'università, signorina ... "
Dottore," intervenne Wilcox. "È il dottor Penrose."
Ah, lavora nel campo medico?"
"No, insegno letteratura inglese" rispose la ragazza.
"E si occupa di studi femminili," aggiunse Wilcox con una smorfia.
"Non vado matto per gli studi femminili, ah, ah!" disse Cole.
"Ma mi piacciono i buoni libri. Al momento sto leggendo Uccelli di rovo." Guardò Robyn con aria speranzosa.
"Temo di non averlo letto," rispose la giovane donna.
"Allora, come vanno gli affari, Norman?" chiese Wilcox.
"Non bisogna lamentarsi," ribatté l'altro.
[...]
Quando furono tornati in macchina, Robyn domandò: "Perché è stato a fare tutti quei calcoli, se era già disposto a scendere del tre per cento?"
"Per raggirarlo, facendogli credere di avermi messo alle strette, di aver fatto lui un affare. Non che ciò lo abbia ingannato, è un vecchio furbacchione, quel Ted Stoker."
"Non le ha detto chi fosse l'altra società."
"Non ci speravo. Volevo solo vedere l'espressione del suo viso mentre glielo chiedevo."
"E la sua faccia che cosa le ha detto?"
"Non sta bluffando. C'è davvero qualcuno che gli offre il quattro o cinque per cento in meno del nostro prezzo e, ciò che è più importante, stanno già fornendo la Rawlinson. Ciò significa che posso scoprire di chi si tratta."
"Come?"
"Farò in modo che un paio dei nostri rappresentanti si appostino in macchina fuori della Rawlinson, per annotare il nome scritto su ogni carro merci che entra in quel posto. Possono restare lì tutta la settimana, se è necessario. Con un po' di fortuna riusciremo a scoprire chi sta consegnando monoblocchi e dadove provengono."
"Vale la pena di spingersi a tanto?" chiese Robyn. "Quanto vale in realtà tutto l'affare?"
Wilcox rifletté per un istante. "Non cosi tanto," ammise. "Ma è una questione di principio. Non mi piace essere sconfitto," disse, premendo l'acceleratore, in modo che la Jaguar si slanciò in avanti con uno stridore di gomme. "Se il fornitore misterioso risulta essere la Foundrax, farò pentire Norman Cole di essere nato."
"Come?"
"Lo rovinerò, andrò ad attaccare gli altri suoi clienti."
"Intende dire che li assalirà?" chiese la giovane donna, scandalizzata.
Wilcox scoppiò a ridere, la prima risata fragorosa che mai gli avesse sentito fare. "Che cosa crede che siamo? La mafia?"
Robyn arrossi. Il discorso melodrammatico di Vic a proposito di piazzare degli uomini a spiare la Rawlinson, l'aveva fuorviata.
"No, io intendo attaccarli con prezzi bassi," disse Wilcox, "sottrargli degli affari. Ribattere colpo su colpo: solo che il nostro colpo sarà molto superiore al suo. Non saprà chi l'ha colpito."
"Non vedo lo scopo di tutte queste manovre, intrighi e colpi bassi," disse Robyn. "Appena ottenete un vantaggio in un punto, lo perdete in un altro."
"Sono gli affari," ribatté Vie. "Dico sempre che è come una staffetta. Prima sei in testa, poi passi il testimone e qualcun altro prende il comando, poi li raggiungi ancora. Ma non c'è traguardo, la corsa non termina mai."
"Perciò chi guadagna, alla fine?"
"Guadagna il consumatore," rispose Wilcox, con aria contrita.
"Alla fine della storia, qualcuno ha una pompa più a buon mercato."
[...]
"No, è un messaggio metonimico molto chiaro."
"Meto ... che?"
"Metonimico. Uno degli strumenti basilari della semiotica è la distinzione operata fra metafora e metonimia. Vuole che glielo spieghi?"
"Servirà a passare il tempo."
"La metafora è una figura retorica basata sull'analogia, mentre la metonimia è fondata su un rapporto di dipendenza. Nella metafora si sostituisce un termine proprio con uno figurato, mentre nella metonimia si sostituisce il nome di una cosa o di una persona con un'altra parola che abbia con essa un rapporto di dipendenza, come la causa con l'effetto o viceversa."
"Non capisco una parola di quello che dice."
"Be', prenda uno dei vostri stampi. Il fondo della staffa si chiama 'draga', perché draga il pavimento, e la parte superiore si chiama 'coperchio', perché copre quella inferiore."
"Gliel'ho detto io."
"Lo so. Quello che non mi ha detto è che 'draga' è una metonimia e 'coperchio' è una metafora."
Vic grugni. "Che differenza c'è?"
"Si tratta solo di capire come funziona il linguaggio. Pensavo che le interessasse sapere come stanno le cose."
"Non capisco che cosa abbia a che fare con le sigarette."
"Nel caso di quel manifesto, l'immagine in senso metaforico rappresenta il corpo femminile e la fenditura nella seta è simile a una vagina ... "
A questa parola, Vic trasalì. "Lo dice lei."
"Tutti i buchi, le concavità, le fessure e le pieghe rappresentano gli organi genitali femminili."
"Lo dimostri."
"L'ha dimostrato Freud, con la sua felice analisi dei sogni," rispose Robyn. "Ma la pubblicità delle Marlboro non si serve di nessuna metafora. È questo in realtà il motivo per cui lei le fuma."
"Che cosa intende dire?" chiese lui, in tono sospettoso.
"Lei non ha nessuna voglia di considerare le cose in senso metaforico. Per quanto la riguarda, una sigaretta è una sigaretta."
"Esatto"
"La pubblicità delle Marlboro non intacca l'ingenua fede nella stabilità del significato. Stabilisce un legame metonimico, assolutamente falso, naturalmente, ma realisticamente plausibile, fra il fumare quella marca particolare e la vita all'aperto, sana ed eroica del cow-boy. Comprando quelle sigarette, si acquista uno
stile di vita o si immagina di viverlo."
"Balle!" esclamò Wilcox. "Io odio la campagna e l'aria aperta. Mi spaventa il fatto di andare in un campo dove ci sia una mucca."
"Be', allora forse è la solitudine del cow-boy della pubblicità che la attira. Cosi fiducioso in se stesso, indipendente molto virile."
"Non ho mai sentito un simile mucchio di balle in vita mia," disse Vic, il che, provenendo da lui, era da considerarsi un linguaggio ardito.
"'Balle' ... Ecco un'espressione interessante ... " rifletté Robyn.
"Oh, no!" gemette lui.
"Quando si dice che un uomo ha le 'balle', in tono di approvazione, si usa una metonimia, mentre se si afferma che qualcosa è un 'mucchio di balle' o uno 'sballamento' si usa una specie di metafora. La metonimia assegna delle qualità positive ai testicoli, mentre la metafora li usa per deprezzare qualcos'altro."
"Non ne posso più di questo argomento," dichiarò Wilcox.
"Le dispiace se fumo? Solo una normale, semplice sigaretta?"
"Se io posso sintonizzarmi sul Terzo programma," rispose Robyn.
[...]
Era tardi quando tornarono alla Pringle. La Renault di Robyn era sola e abbandonata in mezzo al parcheggio deserto. Wilcox si fermò accanto a essa.
"Grazie," disse Robyn. Cercò di aprire la portiera, ma l'impianto di chiusura centralizzata glielo impedì. Wilcox premette un pulsante e tutte le serrature dell'auto si aprirono di scatto.
"Odio questo aggeggio," disse Robyn. "E il sogno degli stupratori."
"Lei ha lo stupro fisso nel cervello," affermò Vic. Poi, senza guardarla, aggiunse: "Venga a pranzo, domenica prossima."
L'invito era cosi inatteso, ed espresso in modo così brusco, che lei si chiese se avesse sentito bene. Ma le successive parole di lui confermarono che aveva sentito bene.
"Niente di speciale," disse. "C'è solo la mia famiglia."
[...]
Era, in effetti, l'albergo più lussuoso in cui Robyn avesse messo piede come ospite, sebbene l'atmosfera fosse piuttosto quella di un country-club esclusivo, con una grande profusione di legno e di mattoni a vista, e ogni genere di servizi e attrezzature per la ricreazione e la cura del corpo: un salone di bellezza, una palestra, una sauna, una sala giochi e una piscina. "Schwimmbad!" esclamò la ragazza quando vide l'indicazione con la freccia.
"Se lo avessi saputo, mi sarei portata il costume."
"Ne compri uno," disse Vie. "C'è un negozio, laggiù:"
"Che cosa? Per una sola nuotata?"
"Perché no? Sono sicuro che lo userà altre volte, non è così?"
Mentre Vie era al banco di registrazione, la ragazza si avviò a passo lento verso la boutique di articoli sportivi al lato opposto dell'atrio e passò in rassegna un piccolo scaffale pieno di bikini e costumi interi. Quanto più erano esigui, tanto più pareva che fossero costosi. "Troppo cari", fu il suo commento, una volta tornata al banco della reception.
"Permetta che gliene regali uno," disse Vic.
"No, grazie. Vorrei vedere la mia stanza. Scommetto che è enorme."
Lo era. Il letto era un monolite, la scrivania era immensa, con il ripiano in cuoio, il tavolino per il caffè aveva la superficie di vetro. C'erano un televisore, un minibar e un ampio armadio, in cui i pochi capi del suo modesto guardaroba sembrarono sperdersi. Staccò degli acini d'uva dal cestino con la frutta, offerto dalla direzione, che era posto sul tavolino da caffè. Accese la radio sulla mensola accanto alletto, e le melodie di Schubert riempirono la stanza. Premette un altro pulsante, e le tende di pizzo, azionate elettricamente, si aprirono con un ronzio per rivelare, come in un'inquadratura in cinemascope, giardini progettati da un architetto e un lago artificiale. La stanza da bagno, tutta luccicante di sofisticati impianti idraulici, aveva due lavabi inseriti in qualcosa che pareva proprio marmo, ed era provvista di un corredo di asciugamani in diverse misure, più di quanti lei riuscisse a immaginare di poter usare. Dietro alla porta, c'erano due accappatoi in un involucro di plastica sigillato. Schubert filtrava nella stanza da bagno attraverso un altoparlante supplementare. Era l'unico suono nella suite: i doppi vetri, i tappeti fitti e spessi e la pesante porta di legno assorbivano qualsiasi rumore proveniente dal mondo esterno. Due settimane qui, pensò Robyn, e io potrei terminare Angeli del focolare e femmine infelici.
"Se lo avessi saputo, mi sarei portata il costume."
"Ne compri uno," disse Vie. "C'è un negozio, laggiù:"
"Che cosa? Per una sola nuotata?"
"Perché no? Sono sicuro che lo userà altre volte, non è così?"
Mentre Vie era al banco di registrazione, la ragazza si avviò a passo lento verso la boutique di articoli sportivi al lato opposto dell'atrio e passò in rassegna un piccolo scaffale pieno di bikini e costumi interi. Quanto più erano esigui, tanto più pareva che fossero costosi. "Troppo cari", fu il suo commento, una volta tornata al banco della reception.
"Permetta che gliene regali uno," disse Vic.
"No, grazie. Vorrei vedere la mia stanza. Scommetto che è enorme."
Lo era. Il letto era un monolite, la scrivania era immensa, con il ripiano in cuoio, il tavolino per il caffè aveva la superficie di vetro. C'erano un televisore, un minibar e un ampio armadio, in cui i pochi capi del suo modesto guardaroba sembrarono sperdersi. Staccò degli acini d'uva dal cestino con la frutta, offerto dalla direzione, che era posto sul tavolino da caffè. Accese la radio sulla mensola accanto alletto, e le melodie di Schubert riempirono la stanza. Premette un altro pulsante, e le tende di pizzo, azionate elettricamente, si aprirono con un ronzio per rivelare, come in un'inquadratura in cinemascope, giardini progettati da un architetto e un lago artificiale. La stanza da bagno, tutta luccicante di sofisticati impianti idraulici, aveva due lavabi inseriti in qualcosa che pareva proprio marmo, ed era provvista di un corredo di asciugamani in diverse misure, più di quanti lei riuscisse a immaginare di poter usare. Dietro alla porta, c'erano due accappatoi in un involucro di plastica sigillato. Schubert filtrava nella stanza da bagno attraverso un altoparlante supplementare. Era l'unico suono nella suite: i doppi vetri, i tappeti fitti e spessi e la pesante porta di legno assorbivano qualsiasi rumore proveniente dal mondo esterno. Due settimane qui, pensò Robyn, e io potrei terminare Angeli del focolare e femmine infelici.
L'autista era rimasto in attesa, per portarli nel centro della città. Seduta sul sedile posteriore della Mercedes silenziosa e veloce, Robyn fu colpita dal contrasto tra le strade di Francoforte e le loro equivalenti nella povera vecchia Rumrnidge. Ogni cosa qui pareva pulita, fresca, verniciata da poco e accuratamente lucidata. Per terra non c'erano i soliti coni di carta per le patatine, lattine di birra ammaccate, scatole di cartone del pollo fritto schiacciate, contenitori di hamburger in politene o bicchieri di carta accartocciati. I marciapiedi avevano l'aria di essere stati lavati da poco, e la stessa cosa valeva per i pedoni. Gli edifici commerciali erano lustri ed eleganti.
"Be', hanno dovuto ricostruire dal niente dopo la guerra, no?" disse Vic, in risposta all'osservazione fatta a questo proposito dalla ragazza. "Noi avevamo quasi raso al suolo Francoforte."
"Anche il centro di Rummidge è stato quasi raso al suolo," ribatté la ragazza.
"Non dalle bombe."
"No. Dai pianificatori dello sviluppo della città. Ma non hanno ricostruito in questo modo, è vero?" .
"Non potevano permetterselo. Come si suol dire, noi abbiamo vinto la guerra, ma perso la pace."
"Perché?"
Vic rifletté un momento. "Siamo stati troppo avidi, troppo pigri," rispose. "Negli anni cinquanta e sessanta, quando avremmo potuto vendere qualsiasi cosa, abbiamo continuato a utilizzare dei macchinari obsoleti e a pagare ai sindacati qualsiasi cifra chiedessero, mentre i crucchi investivano in nuove tecnologie e spuntavano contratti ragionevoli con le maestranze. Quando i tempi si sono fatti più duri, i risultati si sono visti. Qui credono di avere una recessione, ma non è niente in confronto a quella che abbiamo noi."
"Anche il centro di Rummidge è stato quasi raso al suolo," ribatté la ragazza.
"Non dalle bombe."
"No. Dai pianificatori dello sviluppo della città. Ma non hanno ricostruito in questo modo, è vero?" .
"Non potevano permetterselo. Come si suol dire, noi abbiamo vinto la guerra, ma perso la pace."
"Perché?"
Vic rifletté un momento. "Siamo stati troppo avidi, troppo pigri," rispose. "Negli anni cinquanta e sessanta, quando avremmo potuto vendere qualsiasi cosa, abbiamo continuato a utilizzare dei macchinari obsoleti e a pagare ai sindacati qualsiasi cifra chiedessero, mentre i crucchi investivano in nuove tecnologie e spuntavano contratti ragionevoli con le maestranze. Quando i tempi si sono fatti più duri, i risultati si sono visti. Qui credono di avere una recessione, ma non è niente in confronto a quella che abbiamo noi."
[...]
"È inutile rammaricarsi per il buon tempo andato, che in realtà era il buon tempo della noia," disse con impazienza Bob Busby. "La materia si è arricchita enormemente da quando tu hai cominciato, Rupert. Adesso abbiamo la linguistica, gli studi sui mezzi di comunicazione, la letteratura americana, la letteratura del Commonwealth, la teoria letteraria, gli studi femminili, per non parlare dei nuovi scrittori britannici che meritano una seria considerazione. Noi non possiamo coprire tutto questo in tre anni. È necessario un sistema di corsi facoltativi."
"E cosi si finisce con centosettantatré testi d'esame e con un'infinità di sovrapposizioni orarie," ribatté Rupert Sutcliffe. "Meglio questo che un programma di studi che non lascia scelta agli studenti," commentò Robyn. "In ogni caso, il signor Wilcox è in malafede. Produce più di una cosa nella sua fabbrica. Anzi, fa un mucchio di cose diverse."
"È vero," rispose Vic. "Ma non tante quante ne venivano fabbricate quando sono subentrato io. Il punto è che un'operazione ripetibile è sempre meno costosa e più sicura di una che deve essere programmata ogni volta."
"Ma la ripetitività è la morte!" gridò Robyn. "La diversità è vita. La diversità è il presupposto del suo significato. La lingua è un sistema di differenze, come disse Saussure."
"E cosi si finisce con centosettantatré testi d'esame e con un'infinità di sovrapposizioni orarie," ribatté Rupert Sutcliffe. "Meglio questo che un programma di studi che non lascia scelta agli studenti," commentò Robyn. "In ogni caso, il signor Wilcox è in malafede. Produce più di una cosa nella sua fabbrica. Anzi, fa un mucchio di cose diverse."
"È vero," rispose Vic. "Ma non tante quante ne venivano fabbricate quando sono subentrato io. Il punto è che un'operazione ripetibile è sempre meno costosa e più sicura di una che deve essere programmata ogni volta."
"Ma la ripetitività è la morte!" gridò Robyn. "La diversità è vita. La diversità è il presupposto del suo significato. La lingua è un sistema di differenze, come disse Saussure."
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