A futura memoria, Leonardo Sciascia

>> domenica 31 gennaio 2010

E’ una raccolta di scritti apparsi sulla stampa nel periodo 1979-1988 in cui Sciascia affronta i fatti caldi del decennio (Calvi, Tortora, Dalla Chiesa, il Maxiprocesso,…). Sullo sfondo vi è sempre la mafia, i suoi rapporti con il potere, le sue logiche che l’autore cerca di spiegare e interpretare. Il fatto stesso che la mafia compaia continuamente è un’ulteriore sottolineatura della sua pervasività. Il tutto raccontato con una prosa magistrale. Non tutti gli articoli sono brillanti, tuttavia se ne ricava un riassunto della storia di quegli anni. E si capisce perché ad un certo punto Sciascia sembrava essere diventato un paladino della mafia: capita quando una persona ha una dirittura morale così elevata che si permette di criticare le storture da qualsiasi parte avvengano (anche dall’antimafia).

Io credo che la mafia non ha avuto niente a che fare con la morte di Calvi. E’ un caso che appare complicatissimo: ma ho avuto fin dal principio l’impressione che lo fosse al modo del berretto di Charles Bovary. Flaubert lo descrive per mezza pagina, ma ad un certo punto, come rendendosi conto della “indescrivibilità” dell’oggetto si ferma ad assomigliarlo alla faccia di un imbecille. Del resto – e giustamente – l’imbecillità e gli imbecilli sono apparsi a Gustave Flaubert, maledettamente complicati. L’intelligenza – che come Poe ci insegna è meno mente matematica e più mente poetica – è semplice e semplificante, produce il semplice e semplifica: come appunto nel racconto della lettera rubata, il cui ministro (che è matematico e soprattutto poeta) escogita la semplice e grande trovata dell’invisibilità per eccesso di visibilità; e l’investigatore (che è poeta con cognizioni di matematica come Edgar A. Poe) facilmente, per semplice intuizione, lo scopre.

0 commenti:

Lettura di Sciascia in biblioteca

5 Marzo ore 20,30, Biblioteca Castiglione delle Stiviere

  © Blogger templates Shiny by Ourblogtemplates.com 2008

Back to TOP