Ogni giorno, per due ore, Sara Clark cessava di esistere. In seguito, neanche lei avrebbe saputo spiegare quando avvenne di preciso, ma provava sempre quella sensazione di assorbimento, di varcare la soglia e di mischiarsi. Non c’era un confine che stabiliva dove finisse il suo corpo e iniziasse quello del professor Carr. Lui le aveva spiegato che era proprio questo che intendeva Shakespeare con la bestia a due schiene. Quando due persone erano coinvolte completamente nell’atto amoroso, smettevano di essere individui separati e diventavano un’unica creatura. L’amplesso, quando eseguito in modo corretto, dava vita ad un organismo più grande della somma delle sue parti, una bestia a due schiene ma con una sola anima.
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Era proprio questo che Jamie non capiva: non era mai solo sesso. Anche la scopata più svelta, sporca e impersonale non era puramente sesso. Si trattava di connessione. Guardare dentro un altro essere umano per vedervi riflessa la propria solitudine e un disperato bisogno di attenzioni. Era riconoscere che insieme era possibile bandire temporaneamente quel senso di isolamento. Era un’esperienza che permetteva di comprendere il significato di essere umani a livello primordiale, più istintivo.
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Per otto anni, Sarah aveva vissuto con un senso di vuoto che nessuno poteva scalfire. Non gli uomini, nemmeno l’alcol o la droga, la conoscenza o la speranza. Vi aveva convissuto e ora si era trasformato in un tratto della sua personalità. Era il suo confine, il suo punto forte, la sua abilità a essere partecipe e distante allo stesso tempo, passionale e calma. Aveva costruito la sua vita intorno al buco che aveva la forma di Daniel Carr. E ora quel buco si era riempito.
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